di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza n. 17931 del 24 Luglio 2013.

Nel giudizio per cassazione che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste all'articolo 360, primo comma, Cpc il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili a una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronunzia, da parte della impugnata sentenza

, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate, non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell'ipotesi di cui al n. 4 del primo comma dell'articolo 360 Cpc (con riferimento all'articolo 112 Cpc), purché nel motivo si faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con sentenza
17931, del 24 luglio 2013.

La Corte di Strasburgo ha avuto più volte modo di precisare che nell'interpretazione ed applicazione della legge, in particolare di quella processuale, gli Stati aderenti, e per essi i massimi consessi giudiziari, devono evitare gli "eccessi di formalismo", segnatamente in punto di ammissibilità o ricevibilità dei ricorsi, consentendo per quanto possibile la concreta esplicazione di quel "diritto di accesso ad un tribunale" previsto e garantito dall'articolo 6 par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950 (ratificata dall'Italia con la legge n. 848 del 4.8.1955).

 


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