PENSIERI DIETRO GLI OCCHIALI DA SOLE (pensieri semiseri sotto il solleone). STAGIONE 2.

In risposta all'affermazione del ministro della difesa Mario Mauro che reputa una mission impossible ri-destinare i soldi per l'acquisto degli F35, per mancanza di progetti interessanti. Detto ciò, la prima cosa che mi è venuta in mente -forse perché da docente vivo l'angoscia di molti giovani che cercano un ingresso nel mondo del lavoro- è stata banalmente qualcosa che suona come "perché non destinarli a creare posti di lavoro per loro?".

E la mia richiesta...non è stata esaudita per niente. C'era da immaginarlo. Ecco invece una grande alternativa alla crisi lavorativa giovanile, ma anche se vogliamo al problema dell'abbandono scolastico under 16, che ci viene dalla ex-casa delle Libertà (con tutti i coinquilini indagati sarebbe di cattivo gusto continuare a chiamarla così): abbassare a 14 anni il limite per l'ingresso nel mondo del lavoro. Attualmente il limite è fissato a 15 anni, già abbassato dai precedenti 16 anni voluti da Berlinguer e Fioroni. La genialata arriva dalla mente di Maurizio Sacconi, che già tre anni fa ci aveva regalato il passaggio ai 15 anni, avvezzo a trattare di temi legati al mondo dei giovani e del lavoro, senza forse averli mai frequentati.

La proposta infatti pare essere leggermente arzigogolata, per dirla in maniera educata, e leggermente contraddittoria. Ma solo leggermente sia mai, siamo in mano ad un Governo bipartisan, dove non pare esserci più grande definizione di ruoli e credo politici, quindi sia mai sbilanciarsi troppo. La contraddizione in nuce che ho avvertito leggendo la notizia è stata: ma se si vuole contrastare l'abbandono scolastico perché diamine abbassare l'età d'ingresso al mondo del lavoro? Subito seguita da un'altra: ma se vogliamo contrastare la penuria di lavoro per gli under 24, perchè abbassare l'età di ingresso nel mondo del lavoro? Contraddizioni che sono abbastanza evidenti.

La prima contraddizione è clamorosa. Già passare da 16 a 15 non ci voleva, diciamolo, per dar lustro al nostro livello di acculturamento e di scolasticità. Siamo dei terzomondisti rispetto a quasi tutti i paesi della UE, per non parlare del resto del mondo, Terzo Mondo compreso. Già arrivare a completare il ciclo delle scuole obbligatorie pare essere un'impresa erculea per i nostri ragazzi, figuriamoci degli studi non obbligatori. E, diciamocelo francamente, oggi se non si ha almeno un diplomino non si va da nessuna parte. Inutile illuderci. Ci sono schiere di donne delle pulizie extracomunitarie che sono laureate. Laureate non diplomate. Perché non obbligare i nostri ragazzi a seguire dei percorsi formativi che si allineino ai loro interessi, che li facciano crescere professionalmente, ma anche un po' spiritualmente e mentalmente? Perché costa soldi, ingegno e fatica.
Ecco perché. Allora via libera a buttarli nella ressa degli sfruttati e dei sottopagati, e dei futuri frustrati. E non ditemi che non tutti i ragazzi hanno voglia di fare. Il punto è trovare la corda giusta per comunicare con loro, ler cercare di capire e cogliere quali possano essere i loro interessi.

Sacconi ha fatto notare che in Italia mancano figure chiave per la nostra artigianalità, come sarti, panettieri e cuochi. Ben venga che i nostri adolescenti scelgano questi antichi e nobili mestieri -non potranno mica diventar tutti architetti o avvocati (ormai in esubero da anni)- ma bisogna dar loro gli strumenti validi per poterlo fare. Ci arriveremmo mai a creare percorsi di studi che si alternino a stage e formazione in loco, così da garantire anche un minimo di cultura? Percorsi che prevedano anche delle retribuzioni minime, laddove sia dimostrata una certa indigenza economica a livello familiare. Magari anche con un bel programma di permanenza in uno dei paesi della UE, tanto per sfruttare in maniera costruttiva questo nostro appartenere ad una comunità, che non preveda solo stangate e mazzate economiche e giuridiche.

La seconda contraddizione è altrettanto evidente. Non c'è lavoro per nessuno. Men che meno per i giovani, che subito dopo la conclusione degli studi (superiori o universitari che siano) dovrebbero già avere alle spalle un biennio di esperienza lavorativa a tempo pieno ed almeno una esperienza all'estero, per solo poter sperare di accedere ad un colloquio. Dunque perché dare una liberatoria all'abbassamento anagrafico dell'inizio della loro agonia? Un'opera di mero sadismo, altro che soluzione ai problemi. Aumentare il range anagrafico degli aspiranti lavoratori, anche solo di un anno, creerà solo disastri. Perché invece non pensare ad abbassare nuovamente l'età pensionabile? Oops, scusate, ci avevano già pensato i precedenti con gli incentivi sulla rottamazione degli over, una spintarella economica per cedere il proprio posto di lavoro ad un giovane. Qualcuno è a conoscenza di esperienze positive in tal senso? Io no, eppure pareva una soluzione definitiva a tutti i problemi occupazionali dai 15 ai 35 anni.

Detto ciò, non mi resta che aggiungere: ma quando saremo governati da qualcuno che ha contatti con la realtà e non solo con gli alieni?
Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

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