di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione III, sentenza n. 15655 del 21 Giugno 2013. Il giudice nazionale che non abbia tenuto la prima udienza della causa nella data fissata dalla legge per ragioni a lui pertinenti, può trattarla in altra data dal suo stesso ufficio fissata successivamente senza curare la comunicazione di tale fissazione alla parte procedente e ciò facendo può pervenire ad una decisione che non costituisca violazione degli articoli 163, 311 e 170 CPC , dell'articolo 111, Costituzione

, dell'articolo 6, comma 1, CEDU e dell'articolo 14, del Patto Internazionale sui diritti civili e politici (in base al combinato disposto degli articoli 2 e 10, Costituzione, aventi valore ed efficacia costituzionale)?

E' il quesito posto alla Corte di Cassazione, a cui ha dato risposta con la sentenza

21 giugno 2013, n. 15655. Partendo dal presupposto che l'articolo 318, comma 3, c.p.c., nella formulazione vigente ratione temporis, statuisce espressamente che se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la comparizione è d'ufficio rimandata all'udienza immediatamente successiva, riproducendo quanto stabilito con riguardo al procedimento davanti al Tribunale dagli articolo 168, comma 4, c.p.c. e 82 disp. att. c.p.c., la Suprema Corte afferma che "nel procedimento davanti al giudice di pace, il rinvio d'ufficio, per non esservi udienza nel giorno fissato nell'atto introduttivo della lite deve intendersi disposto per l'udienza immediatamente successiva che sarà in concreto tenuta dal giudice designato alla trattazione del processo, senza alcun obbligo per il cancelliere di comunicare alla parte costituita il rinvio": ne consegue l'onere per le parti di presentarsi a quella che, secondo il calendario ufficiale, è l'udienza successiva.

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