Dott. Emanuele Mascolo - Con il Decreto Fare pubblicato in G.U. serie speciale n. 144 del 21/06/2013 - Suppl. Ord. n. 50, tra le tante misure di urgenza, ha modificato anche l'area della Giustizia, apportando le così dette " semplificazioni."
All'art. 84 prevede alcune modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, ovvero, " chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio

, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento dassicurativi, bancari e finanziari, danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo
8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni."
Ma sostanzialmente cos'è la mediazione?
La mediazione è una procedura alternativa alla giustizia ordinaria, nella quale un mediatore imparziale ed indipendente aiuta le parti a trovare un accordo, che soddisfi al meglio le loro esigenze. Si tratta di uno strumento che consente di risolvere le controversie civili e commerciali, vertenti su diritti disponibili, in maniera semplice ed efficace, senza formalità di procedura.
La Corte Costituzionale, però con sentenza n. 272/2012, dichiarò incostituzionale l'istituto della mediazione, ritenendo che " l'eccesso si configurerebbe «là dove non è stata recepita la parte in cui [la legge delega] escludeva che il procedimento potesse costituire condizione di procedibilità della domanda ovvero fosse in grado di precludere, per tutta la sua durata, l'accesso alla giustizia ordinaria», ciò in quanto «unico intento» della legge di delega era quello di creare un «organismo deflattivo per la giustizia e non certamente di favorire la creazione di un elemento ostativo al suo accesso».
Il rimettente osserva, ancora, che «tutto quanto previsto dal decreto in più rispetto al portato della legge delega potrebbe aprire ad una gestione della giustizia ad opera dei privati, come tali non legittimati dalla Costituzione a svolgere detta alta funzione e soprattutto non dotati del rigoroso tecnicismo richiesto».
Al riguardo, è richiamato l'orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui il sistema di giustizia «condizionata» è ammissibile solo nel caso in cui l'eccezione al principio «dell'accesso immediato alla giurisdizione» si presenti come ragionevole e risponda ad un interesse generale, purché non vengano imposti oneri tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile far valere le proprie ragioni; oneri che, ad avviso del rimettente, sarebbero anche quelli di carattere economico.
L'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, pertanto, si porrebbe in contrasto con l'art. 24 Cost. in quanto «ha reso la mediazione una condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, negando per tutto il tempo della sua durata l'accesso alla giustizia e soprattutto non prevedendo alcun mezzo per i meno abbienti per attivare il procedimento della media conciliazione»; inoltre, «in caso di fallimento del procedimento di media-conciliazione le spese sostenute per adire l'organismo definito deflattivo non potranno essere ripetute e rimarranno esclusivamente a carico delle parti, con evidenti conseguenze economiche afflittive per le classi sociali meno agiate».
Ciò posto, il giudicante ritiene che l'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, nel prevedere che l'esperimento del procedimento di mediazione sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale, si ponga in contrasto con gli artt. 24 e 77 Cost. in quanto, mentre l'art. 60 della legge n. 69 del 2009, al comma 3, lettera a), prescrive che nell'esercizio della delega il Governo si attenga, tra gli altri, al seguente criterio e principio direttivo «[…] a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia», l'art. 5 del d.lgs. citato concepisce il procedimento di mediazione quale momento propedeutico alla domanda giudiziale, «rischiando di compromettere l'effettività della stessa tutela giudiziale e condizionando in concreto il diritto di azione». (C.Cass. n. 272/2012).
E' mai possibile, ora, a seguito di un acceso dibattito giurisprudenziale (o meglioo diatriba) che il legislatore, con un provvedimento di urgenza, obblighi a far uso di un istituto che la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale?

Vedi: Il testo del Decreto Del Fare 2013 (Dl 69/2013)

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