La custodia cautelare in carcere (o carcerazione preventiva) è una misura cautelare personale, custodiale e coercitiva, disciplinata dall'art. 285 c.p.p.

Cos'è la custodia cautelare in carcere

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Essa consiste nella privazione della libertà dell'imputato prima della sentenza attuata all'interno di una casa circondariale.

La competenza a disporre la custodia cautelare in carcere è del GIP nelle indagini preliminari, del GUP nell'udienza preliminare, del giudice competente nel corso del processo.

Effetti del provvedimento di custodia cautelare

Secondo quanto previsto dall'articolo 285 del codice di procedura penale, la custodia cautelare in carcere comporta in sostanza la cattura dell'imputato, con immediato trasporto in un istituto di custodia ove resterà a disposizione dell'autorità giudiziaria.

Tuttavia, prima che venga trasferito in tale istituto l'imputato può subire solo le limitazioni della libertà strettamente indispensabili alla traduzione ed esclusivamente per il tempo ad essa necessario; non è possibile comprimere in altro modo la sua libertà.

Carcerazione preventiva extrema ratio

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La custodia cautelare in carcere si configura, in ogni caso, come extrema ratio: essa può essere disposta solo se le altre misure coercitive o interdittive, anche applicate cumulativamente, risultino inadeguate (circostanza della quale il giudice deve dare atto nel relativo provvedimento).

Se però sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di associazioni sovversive, associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico o associazioni di tipo mafioso la carcerazione preventiva si applica a meno che non vengano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.

Custodia cautelare domiciliare

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In alcuni casi, il giudice che abbia disposto la custodia cautelare in carcere, può decidere di applicare in sua sostituzione gli arresti domiciliari. L'art. 97-bis delle disp. att. del codice di procedura penale detta le modalità di esecuzione del provvedimento che sostituisce la vecchia misura con la nuova. Il giudice, salvo non ritenga necessario disporre l'accompagnamento, autorizza l'imputato a raggiungere il luogo dell'arresto, fissando tempi e modalità per il raggiungimento. Il luogo dell'arresto può essere identificato alternativamente: nell'abitazione dell'imputato, in altro luogo di privata dimora, in luogo pubblico di cura o assistenza, in una casa famiglia protetta. Ad ogni modo, la scelta del luogo deve assicurare le prioritarie esigenze di tutela della persona offesa del reato. Laddove l'imputato trasgredisca le prescrizioni degli arresti domiciliari, la misura può essere revocata e sostituita con la custodia cautelare in carcere.

- Gli arresti domiciliari in sostituzione della custodia cautelare

- Gli arresti domiciliari

Inapplicabilità della custodia cautelare

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In ogni caso e salvo specifiche eccezioni, il giudice non può applicare la custodia cautelare in carcere se ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena o che all'esito del giudizio sarà irrogata una pena detentiva non superiore a tre anni.

Madri, donne incinte e anziani

La carcerazione preventiva è inapplicabile, poi, se ad essere imputati sono una donna incinta, una madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente (o un padre se la madre è morta o si trova nell'impossibilità assoluta di assistere la prole) o una persona che ha superato i settant'anni di età.

Resta salvo il caso in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Soggetti affetti da AIDS o da malattia grave

La custodia cautelare, infine, non può essere disposta né mantenuta se l'imputato è affetto da AIDS conclamata, da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave e, quindi, incompatibile con lo stato di detenzione e tale da non consentire adeguate cure in carcere.

In tali ipotesi, se le esigenze cautelari sono di eccezionale rilevanza e non è possibile disporre la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie senza pregiudicare la salute del malato o degli altri detenuti, sono disposti gli arresti domiciliari presso un luogo di cura, di assistenza o di accoglienza.

Se però il malato è imputato o è stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte in forza di quanto appena visto, il giudice può comunque disporre la custodia cautelare ma l'imputato deve essere condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

In ogni caso, non è mai possibile la carcerazione preventiva quando la malattia non risponde più ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

Custodia cautelare durata

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La custodia cautelare in carcere è sottoposta a dei termini massimi, diversi a seconda delle fasi del procedimento.

In particolare dall'inizio dell'esecuzione, se non è stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o l'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, la durata massima è di:

  • tre mesi - se la pena edittale è fino a sei anni
  • sei mesi - se la pena edittale è compresa tra sei e venti anni
  • un anno - se la pena edittale è pari o superiore a venti anni (compreso l'ergastolo).

A partire dall'ordinanza che ammette il giudizio abbreviato i termini sono di:

  • tre mesi - se la pena edittale è fino a sei anni
  • sei mesi - se la pena edittale è compresa tra sei e venti anni
  • nove mesi - se la pena edittale è pari o superiore a venti anni (compreso l'ergastolo).

Dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado i termini sono di:

  • sei mesi - se la pena edittale è fino a sei anni
  • un anno - se la pena edittale è compresa tra sei e venti anni
  • un anno e sei mesi - se la pena edittale è pari o superiore a venti anni (compreso l'ergastolo).

Tra la condanna di primo e secondo grado e tra la condanna di secondo grado e il giudicato, per ogni grado, i termini sono di:

  • nove mesi - in caso di condanna fino a tre anni
  • un anno - in caso di condanna tra più di tre anni e dieci anni
  • un anno e sei mesi - in caso di condanna ad oltre dieci anni (compreso l'ergastolo).

Complessivamente per tutti i gradi la custodia cautelare è di massimo due, quattro o sei anni a seconda che la condanna sia fino a sei anni, tra sei e venti anni o oltre venti anni (compreso l'ergastolo).

Sospensione della custodia cautelare

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In alcuni casi, tuttavia, i termini di durata massima della custodia cautelare sono sospesi (seppur entro determinati limiti fissati dall'articolo 304 c.p.p.).

In particolare, nella fase del giudizio la sospensione opera per il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento o richiesta dell'imputato o del difensore, ma non per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa.

I termini sono inoltre sospesi per il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori e durante la pendenza dei termini eventualmente previsti per la redazione differita dei motivi della sentenza.

Con riferimento ad alcuni specifici delitti per i quali vi siano dibattimenti o giudizi abbreviati particolarmente complessi, la sospensione dei termini è possibile durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni.

Infine, i termini massimi previsti per la custodia cautelare previsti dall'inizio della sua esecuzione senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, l'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti possono essere sospesi se l'udienza preliminare è sospesa o rinviata per impedimento o richiesta dell'imputato o del difensore (ma non per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa) o a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori.

Proroga della custodia cautelare

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In tutti i casi in cui, invece, sia disposta una perizia sullo stato di mente dell'imputato, i termini di durata della custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l'espletamento della perizia.

La proroga è altresì possibile, nel corso delle indagini preliminari, se sussistono gravi esigenze cautelari che la rendano indispensabile.

Scarcerazione per decorrenza dei termini

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Se, nonostante la decorrenza dei termini, sussistono ancora le ragioni che hanno determinato la custodia cautelare, l'imputato è assoggettato alle altre misure cautelari.

In alcuni casi, è anche possibile ripristinare la custodia cautelare. Ciò, in particolare, avviene se l'imputato ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti a una diversa misura cautelare o se, contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o secondo grado, egli si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che si dia alla fuga.

I termini di custodia relativi alla fase del procedimento in tali ipotesi iniziano nuovamente a decorrere, ma la custodia anteriormente subita incide sul computo del termine massimo complessivo.

La materia della custodia cautelare in carcere è stata ampiamente innovata con la l. 47/2015, che ha previsto, tra l'altro:

- il requisito dell'attualità, in aggiunta a quello della concretezza, con riferimento al pericolo di fuga;

- che tali requisiti non possono essere desunti solamente dalla gravità del reato;

- che il carcere continua ad essere un'extrema ratio, applicabile solo ove le altre misure risultino inadeguate;

- che la custodia in carcere risulta idonea in via presuntiva solo se vi siano gravi indizi di colpevolezza con riferimento a determinati delitti (associazione sovversiva, associazione terroristica anche internazionale e associazione mafiosa);

- che la custodia in carcere non è più prevista in via automatica nei casi in cui risulti che l'indagato, in passato, abbia violato gli arresti domiciliari o sia evaso;

- che il giudice, nell'ordinanza che prevede l'applicazione della custodia in carcere, deve dare compiuta motivazione, fondata su un'autonoma valutazione, riguardo all'inadeguatezza di altre possibili misure cautelari, alle esigenze cautelari e agli indizi ed elementi forniti dalla difesa.


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Valeria Zeppilli

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