di Teresa Fiortini - Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 26214 del 14 giugno 2013. Una cliente insoddisfatta sia del comportamento scorretto del proprio avvocato ("tanto da poter essere segnalato alla Procura della Repubblica e all' Ordine degli Avvocati") che della parcella "salata" da questi richiesta ha sfogato le sue lamentele in una missiva indirizzata al professionista cui si era rivolta per l'assistenza in una controversia civile.

L' avvocato ritenendo le lamentele ingiuriose si è rivolto anche alla Cassazione che ha rigettato il ricorso ritenendo insussistente l'elemento oggettivo dell'offesa all' altrui onore.

A sostegno di tale assunto varie pronunzie dei Giudici supremi che dimostrano la necessità di calibrare la valenza e la portata di una espressione in relazione al momento e al contesto sia ambientale che relazionale in cui la stessa viene proferita (v. Cass. 17672/2010).

Dunque, gli Ermellini hanno ritenuto che "le censure della ricorrente si pongono come richiesta di diversa ricostruzione dell'occorso, previa evidenziazione degli antefatti tra le parti nell' ambito del procedimento civile nel quale gli animi si erano inacerbiti e che invece il Giudice del merito, con valutazione in punto di fatta, plausibile e sottratta all' ulteriore sindacato delta Cassazione, ha giudicato, per la qualità delle espressioni utilizzate, per la situazione in cui sono state pronunciate, dirette a esprimere mera insoddisfazione per la tutela non ricevuta e, quindi, non lesive del decoro della professionista".

Passi la personalissima considerazione (di parte) che in questi tempi di abolizione delle tariffe, reintroduzione della mediazione obbligatoria, (tentativi di) trasformazione dell'obbligazione dell'avvocato da obbligazione di mezzi a obbligazione di risultato (v. Cass. 4781/2013)..e altri segnali atti allo svilimento della categoria forense..c'è rimasto ben poco da lamentarsi!

Teresa Fiortini

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