di STEFANIA SQUEO - In caso di violazione delle norme sulla sicurezza del lavoratore, il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al proprio dipendente, avendo egli il dovere di proteggere l'incolumità di quest'ultimo nonostante la sua imprudenza o negligenza. Tematica socialmente molto sentita è l'infortunistica sul lavoro, che ampio spazio mediatico ha avuto purtroppo negli ultimi anni, molto spesso collegata al fenomeno del lavoro nero. La relazione tra lavoro nero

e infortuni si spiega considerando che i lavoratori in nero lavorano spesso in contesti in cui vi è una maggiore probabilità di incidenti a causa della quasi totale assenza di misure di protezione e prevenzione. Questa situazione viene poi aggravata dalla mancanza totale di informazione e formazione dei lavoratori sui pericoli derivanti dallo svolgimento dell'attività lavorativa e dalla violazione dei tempi di lavoro, a causa di numerose ore di lavoro straordinarie effettuate. Questi fattori aumentano il rischio di incidenti sul lavoro (peraltro spesso non denunciati).

Se da poco si è giunti ad una normativa completa [1], sulla sicurezza nel lavoro, da oltre trent'anni i Giudici hanno stabilito linee guida confermate, anche in pronunce recenti [2]. Esse stabiliscono come la relativa normativa tuteli il lavoratore, anche nel caso in cui l'infortunio sia imputabile a disattenzione, imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso.

In particolare, anche il semplice adeguamento del lavoratore ad una prassi diffusa in azienda, sebbene pericolosa, non esclude, ma conferma la responsabilità del datore di lavoro. Ciò perché anche tali situazioni di fatto, a cui il lavoratore non può sottrarsi, vengono "imposte" allo stesso, proprio come le direttive impartite dal datore di lavoro.

L'importanza dell'argomento impone però di uscire dalla singola sentenza
per illustrare compitamente quali sono queste le linee guida affermati dai Giudici fin dagli anni Settanta.

Obblighi di sicurezza da adottare dal datore di lavoro Il datore di lavoro deve rispettare alcune norme [3], che gli impongono l'effettiva adozione di idonee e necessarie misure protettive a favore dei lavoratori: sono norme specifiche (in relazione alla particolare attività lavorativa) e norme generiche dettate dall'esperienza e dalla tecnica del lavoro in concreto svolto dai dipendenti.

Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a vigilare e ad accertarsi che tali misure vengano di fatto utilizzate dai lavoratori. Così, ad esempio, il datore di lavoro è responsabile del danno arrecato ai propri dipendenti per non aver assunto un numero di lavoratori sufficienti ad evitare un sovraccarico di lavoro, secondo le regole di comune esperienza e di normale tollerabilità.

È sempre responsabile il datore di lavoro anche quando sia lo stesso lavoratore a chiedere di fare gli straordinari o rinunciare a periodi di ferie [4], se lo consente.

In caso di colpa del lavoratore Così stando le cose, l'imprenditore risponde sempre dell'infortunio occorso al proprio lavoratore anche quando quest'ultimo sia in colpa. Questa, infatti, viene considerata soltanto nel calcolo della somma risarcibile, che andrà in proporzione ridotta.

Neppure la qualifica professionale rivestita dal lavoratore infortunato rileva ai fini di un'esclusione di responsabilità del datore di lavoro, quando vi sia assenza e inidoneità delle misure di sicurezza adottate nell'ambito dell'impresa [5].

Esonero totale da responsabilità del datore di lavoro

Il datore di lavoro non è responsabile solo quando il comportamento del lavoratore è abnorme, del tutto imprevedibile ed estraneo al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, come pure eccezionale. In questi rari casi si richiede un'intenzione se non addirittura la deliberata scelta del lavoratore di infortunarsi.

Così, ad esempio, il datore di lavoro non ha risposto dell'infortunio grave occorso al proprio dipendente, il quale per spostarsi più rapidamente all'interno dell'officina cui era addetto, di sua spontanea iniziativa era salito, correndo in velocità, su un carrello elevatore aggrappandosi alla maniglia, comportamento vietato da cartelli di avvertimento [6].

Prova da fornire in giudizio

Al lavoratore è sufficiente provare il danno e la sua causa. In particolare, il lavoratore deve provare, a seconda delle circostanze, ad esempio la nocività delle condizioni di lavoro e che queste abbiano determinato l'infortunio.

Spetterà, quindi, al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno: dovrà provare la condotta intenzionale del lavoratore, a rischio infortunio [7].

In pratica

Il lavoratore deve sapere che qualunque infortunio gli occorra sul lavoro risponderà di regola sempre il datore di lavoro, tranne in quei pochi casi in cui lo stesso lavoratore abbia assunto volontariamente un comportamento intenzionalmente rischioso per la propria incolumità.

[1] D.Lgs. n.81 del 9.04.2008, succ. mod. dal D.Lgs. n. 106 del 2009
[2] Cass. sent. n. 9167 del 16 aprile 2013
[3] Art. 2087 cod. civ.
[4] Cass. sent. n. 8267 del 1 settembre 1997
[5] Cass. sent. n. 1687 del 17 febbraio 1998
[6] Cass. sent. n. 19559 del 13 settembre 2006
[7] Cass. sent. n. 6151 del 12 marzo 2013
STEFANIA SQUEO
MEDIATORE E PRATICANTE AVVOCATO
ABILITATA FORO DI MILANO

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