Tali principi sono stati ribaditi, dalla Corte di Cassazione, in una recente sentenza (sez. I Penale, sent. del 17 aprile 2013, n. 17614)
Rumori in condomino che dilemma!
Per l'inibizione delle immissioni rumorose eccedenti la "normale tollerabilità" provenienti da attività o impianti, è necessario applicare l'art. 844 c.c. avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Se il bene della tranquillità è espressamente tutelato dal regolamento di condominio per accertare se l'attività illegittima costituisce o meno immissione vietata ex art. 844 cit. bisognerà avvalersi del criterio di valutazione fissato dal regolamento di condominio che può imporre limitazioni anche più severe di quelle indicate dall'art. 844 cit.

Le immissioni, però, potrebbero avere anche risvolti penali come conseguenza del comportamento tenuto da chi commette immissioni rumorose oltre il limite della "normale tollerabilità" o di chi agisca contrariamente a quanto disposto da un regolamento condominiale; tali condotte potrebbero integrare la fattispecie delittuosa di cui all'art. 659 del codice penale. "Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone" purché ne sussistano le condizioni una delle quali è che il fenomeno rumoroso sia idoneo a disturbare un numero indeterminato di perone e non un numero limitato.

Tali principi sono stati ribaditi, dalla Corte di Cassazione, in una recente sentenza (sez. I Penale, sent. del 17 aprile 2013, n. 17614) con la quale ha accolto il ricorso di un esercente una paninoteca - ubicata nel piano sottostante all'appartamento abitato dai coniugi-attori - condannato, in primo grado, per il reato di cui all'art. 659 c.p. perché dai locali provenivano forti e incessanti rumori che disturbavano la tranquillità e la quiete dei suddetti coniugi; nella palazzina vi erano altri appartamenti, ma gli stessi erano occupati solo nel periodo estivo, mentre gli attori risiedevano tutto l'anno nel suddetto appartamento. Il Tribunale ha ritenuto che, nonostante i rumori provenienti dal predetto esercizio disturbassero solo i coniugi indicati nel capo di imputazione e non potessero disturbare altre persone, sussisteva il reato contestato dal momento che la violazione della tranquillità anche di una sola persona può avere riflessi negativi sulla tranquillità pubblica.

Ritengono i giudici di legittimità che il Tribunale, nell'affermare il suddetto principio, ha seguito una giurisprudenza ormai superata, avendo la Cassazione da tempo affermato nella materia de qua che per la configurabilità della contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) è necessario che i rumori, gli schiamazzi e le altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilità ed abbiano, anche in relazione allo loro intensità, l'attitudine a propagarsi ed a disturbare un numero indeterminato di persone, e ciò a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate.
Ed invero, trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente che la condotta dell'agente abbia l'attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, ed è indifferente che la lesione del bene si sia in concreto verificata.
La contravvenzione, quindi, non è configurabile nei casi in cui le emissioni rumorose non superino la normale tollerabilità ed in quelli in cui sia oggettivamente impossibile il disturbo di un numero indeterminato di persone, ma siano offesi solamente i soggetti che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori. In tale ultima ipotesi "il fatto non assume rilievo penale, ma deve essere inquadrato nell'ambito dei rapporti di vicinato tra immobili confinanti, disciplinato dal codice civile" (Cass. sent. n. 40393/2004, n. 7748/2012).
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