di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione, sezione prima, sentenza n. 9671 del 22 Aprile 2013. La legge 898/1970 (c.d. legge sul divorzio) all'art. 5 prevede la possibilità per l'ex coniuge economicamente più debole di ottenere da parte dell'altro il versamento di un contributo periodico a titolo di mantenimento. L'assegno di divorzio

è dunque quel beneficio riconosciuto dall'ordinamento all'ex coniuge che mostra decisamente come gli effetti civili del matrimonio non cessino totalmente al troncarsi della relazione sul piano giuridico, ma continuino in qualche modo a produrre degli effetti. Nella sentenza di divorzio il giudice stabilisce l'obbligo a carico di uno dei due ex coniugi e ne quantifica l'entità. Se, successivamente, si verificano modificazioni tali da rendere necessario variare alcune statuizioni adottate con sentenza
, il giudice adito si pronuncerà con decreto motivato il quale fisserà i mutamenti resisi necessari: nella fattispecie in oggetto le nuove modalità specifiche a mezzo delle quali l'assegno di divorzio deve essere corrisposto; cioè, attraverso la trattenuta diretta dell'assegno sulla pensione dell'ex coniuge onerato.

 

Il soggetto interessato può proporre reclamo avverso tale decreto. La Suprema Corte tuttavia ricorda come il provvedimento adottato in sede di reclamo, il quale confermi il decreto impugnato, non sia però ricorribile per Cassazione: il ricorso del debitore onerato, nel caso di specie, risulta quindi inammissibile.

L'art. 739 c.p.c., ultimo comma, esclude espressamente che i provvedimenti emessi in sede di reclamo, nell'ambito dei procedimento in camera di consiglio, possano formare oggetto di ricorso in Cassazione. Restano dunque esclusi anche tutti quei provvedimenti adottati con decreto che modificano le condizioni originarie dei rapporti tra gli ex coniugi divorziati.

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