di Licia Albertazzi - Le prime interpretazioni della giurisprudenza di legittimità e di merito

L'entrata in vigore della Legge Balduzzi ha introdotto importanti novità in tema di colpa medica. In particolare, essa ha inciso sul concetto di responsabilità penale del medico in caso di colpa lieve e sulla parallela richiesta di risarcimento del danno formulata dal danneggiato in sede civile.

Scopo del presente articolo è fornire un'indicazione di massima sugli eventi giurisprudenziali e sugli orientamenti dottrinali che si sono formati a seguito delle prime applicazioni della legge 189/2012.

Dal punto di vistapenale si segnalano due importanti interventi. La Cassazione Penale, nella sentenza

268/2013 ha affermato che la nuova legge avrebbe parzialmente abrogato le fattispecie colpose commesse dai sanitari, con conseguente applicazione del principio della norma più favorevole ex art. 2 c.p (successione delle leggi penali nel tempo). Condizione per l'esclusione della responsabilità penale è che le linee guida a cui il professionista si sia attenuto siano state accreditate dalla comunità scientifica.


Secondo la Suprema Corte scopo ultimo del legislatore sarebbe stato quello di contrastare il fenomeno dilagante della c.d. "medicina difensiva". I sanitari infatti, temendo ripercussioni sulla propria sfera giuridica soggettiva, attuerebbero strategie mediche improntate sull'eccesso di prudenza con la conseguente prescrizione di esami diagnostici totalmente superflui con inevitabili ripercussioni sia sui costi che sulla qualità del servizio medico fornito (privato e del ssn).


Fondamentale anche il recentissimo intervento del Tribunale di Milano che ha sollevato questione di legittimità costituzionale

rimettendo la decisione alla Corte Costituzionale. La norma in oggetto sarebbe infatti in contrasto con il principio cardine del diritto penale: latassatività. Il richiamo alle linee guida ed alle pratiche sanitarie accettate dalla comunità scientifica sarebbe eccessivamente evanescente e non consentirebbe di individuare senza ombra di dubbio le singole fattispecie del caso concreto, lasciando ampio margine di discrezionalità giudiziale.


Ma è sul piano civileche si sono verificati i conflitti interpretativi più accesi. La situazione attuale è di stallo, con due orientamenti prevalenti. La domanda che gli operatori del diritto si pongono è: la formulazione dell'art. 3 della sopra citata normativa, riferendosi alla responsabilità ex art. 2043 c.c., intende ribaltare completamente l'orientamento giurisprudenziale sin'ora adottato che identifica nel rapporto tra medico, struttura sanitaria e paziente una vera e propria obbligazione contrattuale?


La risposta è tutt'altro che scontata, poiché l'aderenza all'uno (responsabilità extracontrattuale) o all'altro (responsabilità contrattuale) orientamento determina importanti ripercussioni sul piano probatorio. Nel primo caso ci sarebbe sicuramente un aggravamento dell'onere della prova a carico del danneggiato. Inoltre, i termini di prescrizione per l'esercizio dell'azione cambiano: dieci anni per la contrattuale, cinque per l'aquiliana.


Il Tribunale di Varese con la sentenza 1406/2012 interpreta restrittivamente la norma identificando una responsabilità contrattuale tra vittima e struttura sanitaria, ma extracontrattuale tra medico e paziente. Il Tribunale di Torino (sentenza del 14 Febbraio 2013) al contrario afferma che sia medico che struttura avrebbero un rapporto con il paziente ex art. 2043 c.c. In questo modo si è sviluppato un orientamento giurisprudenziale che interpreta l'intervento legislativo ed il concetto di "responsabilità da contatto"come extracontrattuale.


A conclusione diametralmente opposta è invece giunto il Tribunale di Arezzo (sentenza 14 Febbraio 2013). A suo parere infatti l'introduzione della nuova normativa non muterebbe affatto lo status quo, permanendo in ogni caso responsabilità contrattuale solidale di medico e struttura sanitaria. Il richiamo all'art. 2043 c.c. andrebbe inteso come un mero richiamo all'obbligo risarcitorio e non andrebbe ricollegato alla disciplina dell'illecito contrattuale.


A ristabilire una certa parvenza d'ordine è infine intervenuta la Corte di Cassazione Civile che, con la sentenza 4030 del 19 Febbraio 2013, ha sostanzialmente confermato la depenalizzazione nei casi di colpa lieve fermo restando la sussistenza di responsabilità civile ricollegando la menzione dell'art. 2043 c.c. al principio generale dell'ordinamento delneminem laedere. Resterebbe valido quindi l'orientamento consolidato (si vedano le c.d. "sentenze di San Martino") cioè la natura contrattuale del ra

pporto tra medico, struttura e paziente.

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