La fine del legame affettivo non autorizza il proprietario a soluzioni "fai da te"
di Temistocle Marasco - Anche se l'amore finisce, il convivente non può essere sbattuto fuori di casa dal suo compagno, proprietario dell'appartamento, che deve concedergli il tempo di trovare un'altra sistemazione.
I matrimoni diminuiscono e le convivenze aumentano. Proprio per questo è sempre maggiore la necessità di disciplinare le unioni di fatto, vero cono d'ombra del diritto italiano, o quantomeno provvedere alla tutela di chi sceglie questo tipo di rapporto. 

La giurisprudenza della Cassazione è chiara in merito. 

La Corte ha precisato (cfr., tra le altre, Cass. n. 7214 del 21.03.2013 qui sotto allegata) che la fine dell'amore non autorizza il proprietario dell'appartamento ad allontanare il convivente seduta stante

Secondo la S.C., nel caso in cui l'unione di fatto sia durevole e abbia i caratteri dell'esclusività, stabilità e contribuzione, non può essere posta sullo stesso piano di un rapporto di ospitalità. 

Il convivente abita l'appartamento in virtù di un rapporto affettivo il cui fine è la costruzione di una famiglia, seppur di fatto, con il proprietario dell'immobile; per tale motivo, non essendo un ospite, non può essere messo alla porta all'improvviso ma deve essergli concesso un congruo periodo di tempo per trovare una nuova sistemazione. 

Ciò, precisano gli Ermellini, non significa porre la convivenza e il matrimonio sullo stesso piano, anche perché andrebbe contro la volontà degli interessati, che hanno liberamente scelto di non vincolarsi con il matrimonio proprio per evitare le conseguenze legali del rapporto coniugale. Tuttavia, nel rispetto dei criteri di correttezza e buona fede, il convivente proprietario dell'immobile, cessato il rapporto affettivo, qualora voglia rientrare nella disponibilità esclusiva del proprio bene, ha l'obbligo di avvisare il partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione. 

A tale pronuncia ne sono seguite altre. 

Nel 2014, la Corte (sentenza n. 7/2014) ha ribadito che la convivente non può essere paragonata ad un ospite, quindi, anche se il suo compagno è malato e ricoverato in ospedale da lungo tempo, non può essere cacciata da casa dal fratello di lui, che è proprietario dell'immobile (per i dettagli e per il testo della sentenza leggi: "Cassazione: La convivente non è un ospite. Non può essere cacciata di casa dai parenti di lui"). 

E ancora con sentenza n. 19423 depositata il 15 settembre 2014, la Cassazione ha affermato il diritto del convivente superstite (o "vedovo") a rimanere ad abitare nella casa "di famiglia" ancorché non ne sia proprietario (leggi: "Cassazione: la compagna del nonno rimasta 'vedova' può restare nella casa di famiglia anche se non è proprietaria"). 

Naturamente e a maggior ragione la regola vale per le coppie sposate per le quali gli Ermellini avvertono: "Cacciare il coniuge da casa è violenza privata". 

Vai al testo della sentenza 7214 del 21.03.2013

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: