di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione terza, sentenza n. 6547 del 14 Marzo 2013
La legge prevede una particolare portata probatoria dei libri e delle scritture contabili prodotte nell'ambito del giudizio civile promosso avverso l'imprenditore: ex art. 2709 c.c. esse assumono valore di presunzioni semplici, come tali contestabili a mezzo di prova contraria. Questo tipo di prove, se non confutate, sono poi liberamente valutabili dall'organo giudicante, così come ogni altro elemento probatorio emergente in corso di causa. Il giudice può ben utilizzare per dedurre le proprie conclusioni e motivare il proprio provvedimento finale. In questa particolare situazione poi l'apprezzamento giudiziale non può essere sottoposto a sindacato
di legittimità
.

Nella sentenza in oggetto la Suprema Corte si pronuncia chiaramente escludendo che il caso di cui sopra possa ricondursi agli effetti probatori propri dalla confessione: essa genera infatti una presunzione assoluta e non relativa e certamente la produzione in corso di causa di libri e scritture contabili non può avere tale portata. La prova delle scritture contabili non può dunque assumere forza probatoria ex art. 2730 codice civile, non consistendo necessariamente questa produzione nella dichiarazione di fatti sfavorevoli al dichiarante; né si può ad essa, di conseguenza, fare riferimento.

In mancanza di specifiche disposizioni di legge, per principio generale (ricavabile dal combinato disposto degli artt. 3 e 24 della Costituzione) le presunzioni si devono sempre considerare come relative.
Vai al testo della sentenza 6547/2013

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: