di Licia Albertazzi - Cassazione Penale, sentenza n.6812 del 12 Febbraio 2013
L'art. 234 del codice penale (prova documentale) enuncia il principio secondo il quale è espressamente consentita l'acquisizione di documentazione utile alla decisione "che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo". Nel caso di specie ha proposto ricorso la difesa di un imputato condannato in secondo grado sostenendo l'inutilizzabilità dei filmati acquisiti durante i vari gradi di giudizio, registrazioni che sono state alla base della sentenza di condanna.

La Cassazione ha ricordato come invece la produzione di una videoregistrazione di un impianto di sorveglianza esterno sia legittima e faccia piena prova. A nulla rileva il fatto che la stessa sia stata procurata in violazione della normativa privacy poiché questa circostanza opera autonomamente, non interessando il piano penale. E' infatti sempre ammessa come prova documentale la videoregistrazione acquisita dalla Polizia Giudiziaria a mezzo telecamera posizionata sull'esterno, luogo aperto al pubblico.

Trattandosi di un luogo di passaggio è oggettivamente visibile da più persone e di conseguenza agli agenti non occorre previo provvedimento autorizzatorio del Giudice delle indagini preliminari (non essendo classificata come ripresa in luogo privato, non può neanche in alcun modo violare la garanzia alla privacy). L'autonomia investigativa prevale e nella pronuncia in oggetto la Suprema Corte, uniformandosi ad un orientamento costante, ha ribadito questo concetto.
Testo della sentenza 6812/2013

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