dalla rubrica Law in Action di Paolo Storani - Sul piano pratico e in risposta alla cronica lentezza della giustizia civile, la pragmatica riforma introdotta dall'art. 186 - quater c.p.c., applicabile a tutti i giudizi, sia instaurati dopo il 30 aprile 1995, sia a quelli già pendenti a quella data, non ha sortito gli effetti positivi augurabili. Fu congegnata con il pensiero rivolto al collo di bottiglia che separa la chiusura dell'istruttoria dalla pronuncia della sentenza; evita l'attesa dell'udienza per la precisazione delle conclusioni.
La forma esteriore dell'ordinanza risponde alla finalità acceleratoria e deflattiva, suggerendo un minor rigore nella redazione della motivazione, quasi liofilizzata.
Ricordiamo che la norma è stata introdotta ex novo dall'art. 7 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito con modifiche nella legge 20 dicembre 1995, n. 534.
Sia gli avvocati che i magistrati non hanno dato peso eccessivo al congegno che pur si prefiggeva di conciliare (egregiamente) celerità e ponderazione nel momento decisionale.
Probabile che siano stati i confini temporali troppo angusti a far fallire la novità, che ha avuto un senso sino a quando sono andate ad esaurimento le cause che marciavano con il remoto rito procedurale, quello, per intendersi, privo della scansione di termini perentori ex artt. 183 e 184 c.p.c.
Il provvedimento, spendibile anche per processi contumaciali, viene emanato all'esito di un'istruttoria piena, ma ciò non toglie, malgrado la lettera della disposizione, che possa essere utilizzato in giudizi in cui l'istruttoria propriamente detta non è stata espletata poiché l'ordinanza può essere pronunciata ove il giudice istruttore reputi la causa matura per essere decisa senza necessità di assunzione di mezzi di prova, ad esempio quando la questione sia di puro diritto o meramente documentale, quando le parti non abbiano articolato mezzi di prova o le relative istanze siano state respinte per inammissibilità o superfluità.
Dies a quo e presupposto per l'istanza è l'esaurimento dell'istruzione.
L'ordinanza che ne consegue è titolo esecutivo ed è revocabile con la sentenza che definisce la causa. Se dopo l'emissione dell'ordinanza post istruttoria il processo si estingue, il provvedimento acquista efficacia di sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza.
All'art. 186 quater c.p.c., con effetto a far data dal 1° marzo 2006, è stata apportata una modifica che riguarda l'ultimo comma, il quarto, che sancisce che l'ordinanza acquista efficacia di sentenza
impugnabile sull'oggetto dell'istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata sentenza.
In giurisprudenza si segnala Cass. Civ., Sez. II, 31 gennaio 2011, n. 2166 (Pres. Olindo SCHETTINO, Rel. Ippolisto PARZIALE) che afferma che l'ordinanza anticipatoria prevista dall'art. 186 quater c.p.c. può essere emessa, in caso di proposizione di domanda principale e domanda riconvenzionale, solo sulla domanda principale che si presenti, sulla base degli atti, priva di esigenze istruttorie, attesa la ratio di semplificazione ed accelerazione del processo sottesa alla norma, salva la necessità di disporre contestualmente un provvedimento di separazione dei procedimenti mirato alla prosecuzione della trattazione e dell'istruzione in ordine alla domanda riconvenzionale.
Il provvedimento di separazione delle domande - nel caso di giudice competente per entrambe - si basa sulla diversa situazione probatoria riguardo ad esse, essendo evidentemente necessaria un'ulteriore istruttoria per la domanda non oggetto di decisione immediata. La Cassazione ha rigettato il ricorso con cui la ricorrente obiettava che la Corte di Appello di Messina non avesse recepito la richiesta di depositare memoria di cui all'art. 183, comma 5°, c.p.c. senza che fosse chiusa la trattazione.
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