Lex & the City - pensieri leggeri politicamente (s)corretti - episodio 26

La Corte di Strasburgo continua a far vacillare i benpensanti di tutte le nazioni e generazioni, esprimendosi ancora una volta a riguardo di una coppia gay. E soprattutto a riguardo l'affidamento di minori.

Questa volta è toccato al caso di una coppia di donne omosessuali austriache, che hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti umani affinché una delle due partner potesse adottare il figlio dell'altra. Figlio nato nel 1995 da una relazione extra coniugale e che già nel 2005, grazie ad un accordo tra le due, era stato adottato dalla compagna della madre. L'accordo però, una volta presentato a più di un tribunale per essere riconosciuto, non è stato reputato valido legalmente.

Con la premessa che in Austria le unioni gay sono riconosciute legalmente ma non le adozioni, si era creato anche un vero e proprio paradosso giuridico. Con l'adozione infatti si prevede la cessazione del legame legale tra madre naturale e figlio adottivo, e quindi la vera mamma, nonché compagna della neo-mamma avrebbe perso ogni diritto di esercitare la patria potestà. Una situazione... paradossale appunto. Che però ha giocato a favore della coppia.

A questo punto la sentenza della Corte di Strasburgo ha ribaltato quelle precedentemente emesse ed ha imposto che venga concesso il diritto all'adozione alla coppia, senza che la mamma naturale debba rimetterci. I giudici infatti hanno trovato infondato il principio applicato dai colleghi austriaci. Semplicemente perché essendo l'adozione un diritto concesso in Austria alle coppie etero, ed essendo le coppie omo riconosciute legalmente ed equiparate alle prime, non ci sarebbe ragione evidente che venga negato il diritto all'adozione alle coppie gay (a prescindere dal sesso, of course!). I tribunali austriaci inoltre non sono riusciti a fornire un valido motivo per un trattamento diverso tra le due tipologie di coppie. Ergo: via libera all'adozione del pupo.

Ora, fermi tutti. Che non imprechi chi non ammette unioni o adozioni omosessuali e che non gioisca brindando chi invece le desidera. Perché si tratta di una sentenza rivolta ad uno specifico caso, per di più non nostrano. Al massimo potranno far rivalere i propri diritti le coppie gay che vivono in Paesi dove sono riconosciuti queste tipologie di legami, e che ovviamente ambiscano a fare da mamma/o e papà ad un baby adottato. Non è quindi il nostro caso.

Anche se c'è da giurare che il dibattito si farà molto caliente, soprattutto da parte di chi chiede il dritto all'uguaglianza.

Ma in fondo, perché non si può essere tutti (un po') più uguali?

Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

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