L'articolo 1227 del codice civile stabilisce che "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza" si distingue pertanto l'ipotesi del fatto colposo del creditore danneggiato (il cui comportamento ha concorso a determinare il danno stesso) dall'ipotesi in cui il danneggiato ha semplicemente, per sua colpa, aggravato il danno senza aver contribuito a causarlo, oppure non ha fatto nulla per ridurre l'entità del danno stesso.

Nella prima ipotesi, spiega la Cassazione (sentenza n.2641/2013) "contrariamente che nella seconda, il giudice deve proporsi d'ufficio l'indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato. L'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'articolo 1227 Codice Civile, va esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannosa, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte".

Nel caso preso in esame dai giudici di piazza Cavour gli inquilini di un appartamento sito nella Capitale affermavano che nel bagno si erano verificate delle perdite d'acqua senza che il proprietario, benché avvertito, vi avesse posto rimedio con la conseguenza che erano state alla fine costretti a trasferirsi in un altro immobile.

Nella domanda chiedevano la restituzione dei canoni di locazione oltre ai danni materiali e morali sofferti.

L'ente proprietario del bene aveva al contrario dedotto che l'abbandono dell'immobile da parte degli inquilini aveva reso impossibile l'esecuzione dei lavori di ripristino.

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Foto: giudice sentenza martello
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