Ospitiamio il contributo del Dott. Lorenzo Pignone volto ad illustrare il tema dello scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose. Ricordiamo che queste ed altre problematiche specifiche utili ai fini del superamento del concorso pubblico per l'accesso alla carriera prefettizia che si terrà in primavera, verranno affrontate durante il corso di preparazione organizzato da Justowin a Roma, Milano ed on line che inizierà il 1 marzo 2013. Per maggiori informazioni sul corso visita la pagina http://www.justowin.it/2012/10/corso-di-preparazione-al-concorso-per-la-carriera-prefettizia/ Leggi l'articolo. Brevi note in tema di scioglimento degli organi degli enti locali
. Con decretazione d'urgenza, (D.L. n. 164 in data 31.5.1991, convertito con modifiche in legge n. 221 del 22.7.1991), mediante una significativa integrazione alla legge n. 55/90, venne introdotta (con l'art. 15 bis) la possibilità di sciogliere gli organi ordinari degli Enti locali, nel caso di accertati fenomeni di infiltrazione e/o condizionamento mafiosi. La norma costituisce, indubbiamente, una deroga ai principi di democraticità e di autonomia locale: deroga necessaria, però, data la preminenza da attribuire, tra gli interessi costituzionalmente protetti, a quello relativo alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Si tratta senz'altro di una norma "speciale", che prevede misure di carattere straordinario per situazioni straordinarie, quali sono quelle nelle quali si delineano ipotesi di collusione
, anche indiretta, degli organi elettivi con la criminalità organizzata; collusioni tali da rendere pregiudizievole, per i legittimi interessi della Comunità locale, il permanere di quegli organi dimostratisi inidonei a gestire correttamente la cosa pubblica. Intervento sanzionatorio, la cui finalità è l'eliminazione di quelle situazioni in cui, a prescindere anche da ogni accertamento circa il grado di responsabilità individuale dei componenti del consesso sciolto, il governo locale viene assoggettato ad anomale interferenze che ne alterano la capacità di conformare la propria azione alla legalità. Il successivo D.L. n. 529 del 20.12.1993, convertito in legge n. 108 dell'11.2.1994, modifica ed integra l'originaria previsione normativa, nel tentativo di colmare le lacune di una legislazione che, a fronte di provvedimenti straordinari di eccezionale gravità, non aveva ancora previsto i necessari corrispondenti strumenti di intervento. L'inserimento delle predette disposizioni, riportate pressoché integralmente, nel Testo Unico delle leggi sull'Ordinamento degli Enti locali
(D.Lgs. n. 267 del 18.8.2000), ne elimina, formalmente, il carattere di "specialità", inquadrandole organicamente nella parte dedicata al "Controllo sugli organi" (artt. 143 e seguenti del TUEL). Tutto ciò non diminuisce l'efficacia della norma, che si conferma tra quelle a tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico nella sua più ampia accezione, sancita dall'art. 159 del D.Lgs. n. 112 del 31.3.1998 che, nel fare riferimento "alla sicurezza delle Istituzioni, dei cittadini e dei loro beni", lo definisce quale "complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari su cui si regge l'ordinata civile convivenza della comunità nazionale". Se il concetto di ordine pubblico è ancorato a canoni oggettivi, la sua lesione è causa di provvedimenti straordinari, giustificati dal perseguimento di un obiettivo fondamentale dell'azione dello Stato: garantire la sussistenza delle condizioni di pacifica convivenza civile. La norma non si propone di reprimere condotte criminose, in quanto non collegata a modelli penalistici, ma tutela il diritto della collettività allo svolgimento democratico della vita amministrativa, garantendo il pieno dispiegamento dell'autonomia dell'Ente locale. Se l'intervento sostitutivo da essa previsto è indubbiamente "sanzionatorio", la sua "ratio" è caratterizzata da aspetti di prevenzione sociale a difesa delle Comunità locali e, pertanto, essa è correttamente inserita nell'alveo strutturale del Testo Unico degli Enti locali. Le recenti modifiche costituzionali non contrastano con l'impianto della legge, essendo stata riservata, in maniera esclusiva, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera h, allo Stato la materia della sicurezza e dell'ordine pubblico; né l'obbligo, sancito dal novellato art. 120 della Costituzione, di esercitare il potere sostitutivo nei confronti degli Enti locali, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, induce un'attenuazione della sua efficacia. L'esercizio dell'intervento sostitutivo per le ipotesi di infiltrazioni mafiose continua, infatti, ad essere ammesso, poiché le infiltrazioni mafiose rappresentano situazioni di tale gravità da costituire una ferita non tollerabile alla libera determinazione degli organi elettivi, al buon andamento ed alla trasparenza dell'azione amministrativa: valori questi che appartengono alla collettività e, come tali, devono essere tutelati al massimo livello di governo, e cioè a quello statale. L'assolvimento puntuale e rigoroso della funzione di pubblica sicurezza che lo Stato esercita in tale occasione è condizione insopprimibile per preservare il sistema democratico, coincidendo, nella sostanza, proprio con l'interesse delle Comunità locali, sia nella loro prospettiva di sviluppo economico e sociale, che nella realizzazione dei diritti e delle libertà civili dei propri cittadini, evidentemente compromessi dall'aggressione della criminalità mafiosa. Proprio il rispetto, dunque, del principio di leale collaborazione, inteso nel suo senso più pieno di "dovere di controllo sull'attività e non sui singoli atti" da esercitare nei confronti degli enti locali, impone, quando ricorrano le condizioni richieste dall'art. 143 del TUEL, l'intervento dello Stato al fine di recuperare e ripristinare la legalità violata. Ciò premesso, è quindi necessario evidenziare i presupposti giuridici che costituiscono i requisiti legittimanti la richiesta di scioglimento sanciti dalla legge nell'art. 143 del TUEL e fatti oggetto di una chiara analisi interpretativa da parte della Corte Costituzionale nella fondamentale sentenza 10- 19 marzo del 1993 n. 103. Nell'argomentata motivazione della sentenza il giudice delle leggi ha chiarito che il parametro normativo di riferimento è rappresentato dall'art. 143 del d. l.vo n. 267 del 2000 (derivante dall'art. 15 bis della legge n. 55 del 1990), ai sensi del quale: "I consigli comunali e provinciali sono sciolti quando emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica". La Corte ha escluso la violazione, da parte della medesima normativa, di precetti costituzionali fondamentali quali il principio di ragionevolezza e imparzialità. In sintesi il giudice delle leggi ha ritenuto che: "è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 bis legge n. 55 del 1990 (introdotto dall'art. 1 d.l. 31 maggio 1991 n. 164), in tema di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per i quali siano emersi collegamenti con i fenomeni mafiosi, sollevata con riferimento agli art. 3 e 97 cost. per il fatto che la norma, consentendo di attribuire rilevanza ai collegamenti indiretti con la criminalità organizzata ed estendendo la misura anche agli amministratori non direttamente interessati, consentirebbe al governo di procedere allo scioglimento sulla base di elementi con significatività inferiore agli indizi e senza assicurare la necessaria obiettività e coerenza rispetto ai fini perseguiti". Infatti chiarisce la Consulta: "il potere di scioglimento in questione deve essere esercitato in presenza di situazioni di fatto evidenti, che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi, suffragate da risultanze obiettive e con il supporto di adeguata motivazione" (pertanto non è vero che il legislatore dia rilievo ad elementi con un grado di significatività inferiore agli indizi). La Corte Costituzionale precisa correttamente che la norma in esame è formulata in modo da assicurare il rispetto dei principi (di ragionevolezza ed imparzialità) che si assumono violati, e contiene in sé tutti gli elementi idonei a garantire obiettività e coerenza nell'esercizio del potere straordinario di scioglimento degli organi elettivi conferito all'autorità amministrativa. Quel potere è previsto nella ricorrenza di due situazioni, fra loro alternative e ben tipizzate dal legislatore, quali: a) i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata; b) le forme di condizionamento degli amministratori, ma sempre che risulti che l'una o l'altra situazione compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affidati, ovvero quando il suddetto collegamento o le suddette forme di condizionamento risultino "tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica". L'art 143 del TUEL esige, perciò, una stringente consequenzialità tra l'emersione, da un lato, di una delle due situazioni suddette, "collegamenti" o "forme di condizionamento", e, dall'altro, di una delle due evenienze, l'una in atto, la compromissione della libertà di determinazione e del buon andamento amministrativo, nonché del regolare funzionamento dei servizi; l'altra conseguente ad una valutazione di pericolosità, espressa dalla disposizione impugnata con la formula: "tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica". Stabilito, quindi, che l'art. 143 del TUEL si colloca nell'alveo del dettato costituzionale, l'ampiezza del potere, dalla medesima previsto, è stata oggetto di una serie di pronunce del giudice amministrativo, che ha precisato, anzitutto, che: "lo scioglimento temporaneo di un Consiglio comunale ex art. 15 bis, l. 19 marzo 1990 n. 55, per infiltrazioni mafiose, costituisce una misura di carattere straordinario che non ha finalità repressive nei confronti di singoli, ma concerne piuttosto la salvaguardia della p.a. di fronte alla pressione ed all'influenza della criminalità organizzata e, quindi, si giustificano gli ampi margini d'apprezzamento non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente, e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi della possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità stessa" (Consiglio Stato, sez. V, 2 ottobre 2000, n. 5225); quindi, che: "il sindacato sulla legittimità del decreto di scioglimento di un Consiglio comunale o provinciale per infiltrazioni mafiose e la valutazione delle acquisizioni probatorie in ordine a collusioni e condizionamenti non può essere effettuata estrapolando dal materiale acquisito singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l'esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull'operato dell'organo consiliare. In presenza di un fenomeno di diffusa criminalità, gli elementi addotti a riprova di collusioni, collegamenti e condizionamenti vanno considerati nel loro insieme, giacché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza dell'addebito mosso al Consiglio comunale di incapacità, nel determinato contesto ed a prescindere da responsabilità dei singoli, di esercitare l'attività di controllo e di impulso cui è deputato per legge" (Consiglio Stato, sez. IV, 6 aprile 2005, n. 1573). Di recente il giudice amministrativo ha anche chiarito che l'art. 143 d. lg. 18 agosto 2000 n. 267, conferisce alle massime autorità istituzionali competenti all'adozione del provvedimento di scioglimento dei consigli comunali un potere, ampio e altamente discrezionale, giustificato dal pericolo di infiltrazioni mafiose, che non necessita dell'accertamento di quei presupposti di fatto della responsabilità dei singoli amministratori che per essere provati in modo certo e conclusivo richiedono lo svolgimento di procedimenti giurisdizionali o assimilati. Inoltre i presupposti per l'esercizio di detto potere devono essere valutati non con riguardo a singoli episodi e vicende amministrative, che considerati singolarmente possono non essere indicativi del collegamento o condizionamento con organizzazioni della malavita organizzata, ma nel loro insieme, e per la loro idoneità ad esprimere un reale pericolo di infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali. Da ultimo si segnala sul tema la recente pronuncia del Consiglio di Stato (Sez.III, 6 marzo 2012 n. 1266) che ha riconosciuto come La natura del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non è di tipo sanzionatorio, ma preventivo, ciò comporta che quale presupposto si richiede solo la presenza di "elementi" su "collegamenti" o "forme di condizionamento" che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e la criminalità organizzata, ma che non devono necessariamente concretarsi in situazioni di accertata volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, né in forme di responsabilità personali, anche penali, degli amministratoriIl provvedimento di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose è un atto di alta amministrazione, connotato anche da una significativa valenza politica, così come la relazione ministeriale che viene presa a fondamento per l'esercizio del potere di scioglimento, dunque, il sindacato del giudice amministrativo non può essere che estrinseco, secondo le regole proprie del giudizio di legittimità, senza possibilità di apprezzamenti che ne concernino il merito L'applicazione dell'istituto di cui all'art. 143, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 ricorre nelle ipotesi in cui l'andamento generale della vita amministrativa di un ente locale subisce influenze da un ipotizzato condizionamento mafioso, potendo di conseguenza l'indagine riguardare, oltre che scelte strettamente di governo - soprattutto quelle in materia di programmazione e pianificazione - anche specifiche attività di gestione, le quali sostanzialmente finiscono per essere quelle di maggior interesse per le consorterie criminali, in considerazione della maggiore e più repentina disponibilità che viene offerta di risorse pubbliche. (nella specie il giudice ha ritenuto legittimo il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale assunto in presenza di numerosi elementi quali: due liste avversarie, proprio l'ultimo giorno utile per la presentazione, si siano ritirate dalla competizione; numerosi sottoscrittori della lista, poi risultata vincitrice, risultano avere precedenti penali, parentele, e frequentazioni con esponenti dei clan; il fratello del Sindaco ha una condanna all'ergastolo per omicidio e irreperibile da 18 anni; immediatamente dopo l'elezione a Sindaco, con procedura rapidissima, è sia avviata la realizzazione del porto turistico in prossimità dei terreni di un parente prossimo del Sindaco stesso).

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