Se un impiegato non ha alcuna voglia di lavorare, può essere soggetto a sanzione disciplinare ma è necessario che questa venga adottata tempestivamente. Lo ricorda la corte di Cassazione che ha dato ragione ad un impiegato scansafatiche che ora dovrà essere anche rimborsato delle spese legali sostenute.

La vicenda riguarda un dipendente dell'Agenzia delle Entrate che aveva ricevuto una sanzione disciplinare per il suo rifiuto di qualsiasi attività lavorativa nonostante gli inviti che gli erano stati rivolti.

Interessante notare come impiegato avesse deciso di rimanere a braccia conserte per un intero anno ossia dal mese di ottobre del 1998 al mese di ottobre dell'anno successivo.

L'Agenzia delle Entrate, però, spiega la Corte (sentenza n.24009/2012) era già a conoscenza di questa condotta inadempiente del lavoratore e non aveva mai fatto nulla salvo poi intervenire con una sanzione a distanza di tempo.

I giudici di merito avevano già dichiarato illegittima la sanzione ed ora è arrivata la conferma anche dalla Suprema Corte che, respingendo il ricorso dell'Agenzia ha evidenziato come da parecchi mesi la ricorrente fosse a conoscenza dell'inattivita' del dipendente "la stessa amministrazione ha espressamente ammesso la conoscenza della condotta inadempiente del lavoratore gia' da tempo, difendendosi proprio con la permanenza della stessa".

Insomma, nulla da fare: la contestazione tardiva deve ritenersi nulla e allo scansafatiche vanno rimborsate anche le spese legali.

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