Attenzione a far considerazioni troppo generalizzate che coinvolgono un'intera etnia, rischiate di essere tacciati di razzismo. Con conseguenti provvedimenti giudiziari come una condanna per istigazione all'odio razziale.

Ammettiamolo, non siamo un popolo nato con il concetto di tolleranza e multi-etnicità, però è tempo che si cominci ad accettare che il mondo intero sta cambiando: è la globalizzazione, my friends!

Ora, sono la prima a cospargermi il capo di ceneri pensando ai commenti poco carini usciti dalla mia bocca contro persone di nazionalità diversa dalla mia, in casi come la sviolinata sparata in metro nelle orecchie ancora assonnate, o l'ennesima lotta perpetrata al semaforo contro un aspirante bonificatore del mio parabrezza. Eh sì, ho i miei peccatucci lo ammetto! Però io sono una comunissima cittadina, non un rappresentante dello Stato, quindi almeno qualche attenuante la ho, vero?

Molto diverso il discorso per quel consigliere comunale di Trento, E.G., che è stato rinviato a giudizio per le sue affermazioni non molto moderate, fatte in pubblico, riguardo la comunità Rom della sua città. Il consigliere durante una seduta comunale, e più precisamente durante la discussione sulla disciplina dei servizi socio educativi, aveva affermato che i bambini del campo nomade non frequentavano la scuola con regolarità, mentre risultava che la mensa scolastica lo fosse, e da tutti i componenti della comunità Rom. Con gravi conseguenze sul bilancio economico delle casse comunali, e conseguente danno per tutta la comunità.

Il consigliere fu accusato di razzismo e giudicato in primo grado dal Tribunale di Trento colpevole di propaganda divulgativa razzista, reato però contestato ed annullato dalla Corte d'appello di Trento nel maggio 2011. Per la Corte infatti, nonostante l'espressione di concetti discriminatori, il consigliere non poteva essere tacciato di tale reato, in quanto la sua esternazione non poteva essere considerata propaganda divulgativa vera e propria.

Il Pm di Trento ha provato dunque la via del ricorso in Cassazione. E la Prima sezione penale ha dato ragione all'accusa: con sentenza n. 47894/2012 ha accolto il ricorso della procura sulla base del fatto che "anche una manifestazione isolata a connotazione razzista puo' costituire propaganda"e quindi essere passibile di condanna per istigazione all'odio razziale.

La Suprema Corte ha precisato che "l'intervento di E.G. era avvenuto nell'ambito del consiglio comunale che, come e' noto a tutti, e' di norma assemblea pubblica".  Dagli atti emerge anche che il consigliere sia andato realmente sopra le righe, degenerando in una vera e propria incitazione alla pulizia etnica: "la funzione di consigliere comunale non legittima sicuramente di esprimersi con frasi di generalizzazione, afferente alla 'etnia', offensive non solo della dignità delle persone, ma additive di inferiorità legate alla cultura e tradizioni di un popolo, tanto da auspicare il sequestro
di stato, mezzo con cui operare la sottrazione di famiglie dei bambini, indicato come unico strumento attraverso il quale si sarebbe potuto rompere la 'catena generazionale'
".

Collegandosi a questo episodio la Cassazione ha rammentato anche la precedente vicenda processuale dei manifesti razzisti comparsi sui muri di Verona, che intimavano 'via gli zingari da casa nostra', in cui "la frase e' stata ritenuta dal significato ampiamente discriminatorio, non essendo mai stato fatto riferimento a soggetti ben individuati, ma sempre in via generale agli zingari, così potendosi apprezzare il carattere del pregiudizio secondo cui tutti gli zingari sono dediti ad attività criminogene".

Adesso toccherà alla Corte d'appello giudicare nuovamente il caso, tenendo conto naturalmente delle indicazioni della suprema Corte. Al consigliere il banale, ma utile, consiglio di far voto di tolleranza e di non far di tutta un'etnia un fascio!
Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

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