L'ingiustificata inottemperanza delle funzioni proprie del servizio farmaceutico da parte del responsabile di farmacia in turno di reperibilità integra il reato di cui all'art. 331 del codice penale.

E' questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 46755 del 3 dicembre 2012, ha annullato - rinviando alla Corte d'Appello per un nuovo giudizio - la sentenza con cui il giudice di merito assolveva il titolare di una farmacia in turno di reperibilità che aveva chiuso l'esercizio apponendo il cartello "mi trovo a pranzo e riapro dopo le ore 16" con indicazione di numero telefonico per chiamate urgenti, senza tuttavia intervenire alla chiamata di un uomo che necessitava dell'acquisto di tachipirina per fronteggiare lo stato febbrile del figlio di diciotto mesi.

Il Tribunale aveva assolto il farmacista perchè "il fatto non sussiste, ritenendo che il rifiuto della singola prestazione non integrasse il reato ascritto, stante la possibilità di ricorrere al pronto soccorso o alla farmacia di altro vicino comune, come accaduto poi effettivamente, al più potendosi configurare una mera irregolarità di eventuale rilievo disciplinare o il diverso reato di rifiuto di atti d'ufficio."

La Suprema Corte ha invece affermato che "quando la singola farmacia in turno di reperibilità risulti non accessibile all'utenza, vi è un obiettivo turbamento della regolarità del servizio farmaceutico nel suo complesso. Nè il turbamento nel complesso del servizio viene escluso dalla disponibilità in zone contigue di altri punti reperibili, o addirittura del servizio urgente ospedaliero. (...) Pertanto ogni qualvolta il farmacista in turno di reperibilità non assicuri il tempestivo adempimento del servizio farmaceutico vi è, secondo le contingenze dei casi, una condotta obiettiva di interruzione o di sospensione del servizio , che determina il turbamento della regolarità di tale servizio nel suo complesso.".

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