Qualche giorno fa, aspettando il mio turno avanti al ...banco judicis, ascoltavo in udienza un avvocato ex magistrato. La mia attenzione era rivolta al modo in cui porgeva ed ai contenuti. Ebbene, a mio sommesso avviso un qualunque avvocato avrebbe saputo fare di meglio. Poi, rientrando in macchina, mi sono ricordato della presentazione di un libro cui mi invitò l'Editore Giuffrè un paio d'anni orsono ed ho ripescato il capitolo 9. del libro fuori collana "Mille e una toga", forgiato dalla immaginifica penna di Ennio Amodio, avvocato penalista del Foro di Milano e professore di procedura penale alla Statale. Lascio la parola all'autorevole Collega con qualche mia ...chiosaccia a margine: "Non sono molti i magistrati che interrompono la carriera giudiziaria per esercitare la professione forense. Il cambio di toga non è frequente. Essere giudice o pubblico ministero significa, ancora oggi, godere di uno status sociale di considerevole prestigio, nella consapevolezza di svolgere una funzione pubblica primaria al servizio della collettività.
Qualcuno ha però la sensazione che gli avvocati raggiungano sul piano economico gratificazioni assolutamente incomparabili rispetto a quelle garantite dagli stipendi dei magistrati (n.d.r. n. 1 = sbagliandosi della grossa!). Ed è questa probabilmente la molla che fa scattare la voglia (n.d.r. = matta!) di provare come si sta dall'altra parte (n.d.r. n. 2 = malissimo!). Del resto, i magistrati per dovere professionale sono tenuti a valutare le capacità degli avvocati (n.d.r. n. 3 = accresciute negli ultimi anni, mentre la preparazione dei magistrati è in caduta libera; coloro che escono dagli ultimi concorsi zoppicano un bel po', ma noi avvocati dobbiamo fingere di non accorgercene ...) e quindi finiscono per farsi l'idea che anche loro non sfigurerebbero se dovessero scendere nell'arena forense.
L'abbandono dell'ordine giudiziario non riesce a segnare una netta cesura rispetto alla corporazione di provenienza. Una certa eredità
rimane e ha il suo peso nel momento in cui l'ex magistrato opera nel foro. Una sorta di cordone ombelicale continua a collegare il nuovo professionista forense all'ambiente della magistratura. E questa posizione in qualche modo anfibia viene gestita a fini di rafforzamento del ruolo professionale. Sono del resto certi clienti ad apprezzare la toga double face. Quando si tratta di fare la scelta del difensore in una causa delicata, c'è sempre qualcuno che segnala un penalista con pedigree giudiziario. La vita trascorsa per decenni dentro le mura di un palazzo di giustizia sembra assicurare facilità di accesso alle stanze dei magistrati, scioltezza nel dialogo con gli stessi e maggiore considerazione per le questioni che stanno a cuore all'avvostrato (l'avvocato ex magistrato)".
Chissà mai perché quando i magistrati sono nei guai grossi si rivolgono invece agli avvocati-avvocati? E Voi, lettori di Studio Cataldi, che ne pensate? Dite la Vostra utilizzando il form sottostante!
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