Non si può decidere in merito alla convalida d'arresto acquisendo informazioni ulteriori rispetto a quelle contenute nel verbale di arresto.

E' quanto afferma la Corte di cassazione (sentenza n.45909/2012) che ha accolto il ricorso della Procura contro un provvedimento del Tribunale di Salerno che non aveva convalidato un arresto in flagranza di reato effettuato dalla polizia giudiziaria dopo aver sentito la persona offesa.

Nella fattispecie, il PM aveva sostento che nella decisione del Tribunale vi fosse stata "violazione ed erronea applicazione della legge penale" e che si fosse di fronte a una "abnormità del provvedimento con il quale il tribunale ha effettuato l'esame della persona offesa prima della convalida" ed ha "deciso in ordine alla convalida sulla base di tali dichiarazioni". Secondo il P.M., inoltre, il giudizio doveva basarsi esclusivamente sugli atti esistenti nel fascicolo.

La Cassazione, ritenendo fondata la tesi del P.M. ha precisato che il giudice deve "compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del fumus commissi delicti, allo scopo di stabilire se l'indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del Cpp".

In questa fase, il giudice deve esclusivamente verificare il "ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria" e non può acquisire ulteriori informazioni "oltre a quelle che risultano dal verbale di arresto, dalle dichiarazioni della persona arrestata e dai documenti prodotti dalle parti, essendogli sicuramente precluso di disporre l'audizione di testimoni".

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