Andrea non è più un nome esclusivamente maschile. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, venendo incontro, con la sentenza 20385, alla richiesta di due genitori che erano stati costretti dal Tribunale di Pistoia a cambiare il nome della propria bambina in "Giulia Andrea". La coppia aveva deciso di ricorrere alla Corte Suprema dopo aver ottenuto un ulteriore rifiuto dalla Corte d'Appello di Firenze il 3 agosto 2010. Un calvario durato quindi più di due anni.

Gli ermellini hanno motivato la propria decisione alludendo al fatto che in diverse culture straniere il nome Andrea è utilizzato indifferentemente per uomini e donne. Nella fattispecie, in diversi paesi europei, come Inghilterra, Spagna, Germania, Olanda e Danimarca, nonché in altri paesi extraeuropei, suddetto nome risulta essere neutro e valido per entrambi i sessi.

Nessuna violazione dell'art.35 del dpr n.396 del 2000, quindi, secondo quanto sostenuto dal Tribunale di Pistoia, secondo il quale il nome dato al nascituro debba corrispondere al sesso.

Secondo la Cassazione, la quale ha dichiarato che nel caso dei due genitori toscani è stato valutato "solo il solco della tradizione italiana, senza tener presente fattori di interferenza, provenienti da culture straniere, cui viene riconosciuta diretta dignità e tutela dalla disciplina normativa italiana", il nome Andrea concesso ad una bambina non può più essere causa d'imbarazzo proprio a motivo del fatto che in molti Paesi esteri molte donne portano questo nome.

"Il nome Andrea, anche per la sua peculiarità lessicale, non può definirsi né ridicolo, né vergognoso, se attribuito ad una persona di sesso femminile, né potenzialmente produttivo di una ambiguità nel riconoscimento del genere della persona cui sia stato imposto, non essendo più riconducibile, in un contesto culturale ormai non più rigidamente nazionalistico, esclusivamente al genere maschile".


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