Non è consentito, attraverso la contrattazione collettiva, rendere facoltativa la concessione dei permessi di cui all'articolo 30 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero condizionare il riconoscimento del diritto, all'assenza di impedimenti di ordine tecnicoaziendale, devoluti alla discrezionale valutazione del datore di lavoro, risultando in tal modo pregiudicato l'interesse, costituzionalmente garantito, sotteso al citato articolo 30. La Suprema Corte di Cassazione ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto legittima una domanda di usufruire del suddetto permesso che faceva riferimento ad un impegno sindacale ai sensi ed agli effetti contrattuali delle leggi in vigore, ciò alla luce della clausola contrattuale che prevedeva l'onere di corredare la stessa di permesso dell'indicazione delle ragioni giustificative. In altri termini, secondo la Cassazione, il controllo non può concretizzarsi in condotte volte ad accertare in via preventiva se la richiesta dei permessi sia o meno indirizzata alla partecipazione alle riunioni. Non è cioè consentito fare dipendere - come si fosse in presenza di qualche atto autorizzativo - la concessione dei permessi ad un preliminare esame della relativa domanda e da una positiva valutazione del suo contenuto. E' invece legittimo che le parti sociali di comune accordo e nella loro autonomia privatistica stabiliscano regole comportamentali che, pur agevolando il controllo, non incidano però in maniera sostanziale sul diritto, rendendone gravoso o limitandone incisivamente l'esercizio. (Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza
1° agosto 2003, n.11759: Articolo 30 Statuto dei Lavoratori - Permessi sindacali e poteri del datore di lavoro - Riconoscimento del diritto condizionato alla valutazione discrezionale del datore di lavoro - Esclusione).

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