PENSIERI DIETRO GLI OCCHIALI DA SOLE (pensieri semiseri sotto il solleone)

Una nuova categoria di giovani studenti sta diventando sempre più numerosa, ma assolutamente non minacciosa. Sono gli studenti "fuori", studenti fuori sede o fuori corso; di cui indubbiamente i peggio messi sono quelli che possono fregiarsi di entrambe le definizioni. Essere fuori purtroppo è una condizione duramente punita in Italia, peggio forse dell'abuso di stupefacenti (che può parimenti creare studenti "fuori" a costi molto più contenuti!).

Ma come si fa a diventare uno studente fuori? Come lasciarsi travolgere da questa piaga? Bene, intanto partiamo con il caso degli studenti fuori sede. Per diventarlo molto spesso basta la malaugurata sorte di non avere la facoltà (o l'indirizzo post-diploma o il master o il corso specialistico) nella città d'origine; e comunque insistere e persistere a voler seguire le proprie aspirazioni. Ma perché? Perché non accontentarsi di Biologia, se tanto si vuole studiare Ingegneria biogenetica; oppure di Matematica al posto di Economia e Commercio, tanto di conti sempre si tratta? Forse perché, per fortuna, esistono ancora moltissimi ragazzi che non vogliono accontentarsi, che preferiscono poter scegliere e cambiare città. Per gli altri "fuori", quelli fuori sede, i perché possono essere più variegati ed eterogenei, si parte dalla mancanza di voglia di studiare, per passare alla difficoltà oggettiva o soggettiva nel farlo, alla mancanza si tempo perché lavoratori. Quindi i giudizi su questi "fuori" sono più sospesi e rimandabili ai singoli casi.

Tornando ai nostri fuori sede (che al momento ci fanno più tenerezza), perché non si può andar loro concretamente incontro? Pensare che in altri paesi, Stati Uniti in testa, ma anche Gran Bretagna e Germania, la migrazione di studenti è un fatto assolutamente normale, tanto che, udite udite, quasi tutte le università hanno un campus per ospitare i fuori sede.

Com'è possibile che da noi le università scarseggino di posti letto per aiutare i giovani? Pecca che mette assolutamente sullo stesso piano atenei privati e statali, pochi posti per i Bocconiani pochi posti per i Politecnici. In questo modo si è permesso il proliferare di un uso assai biasimevole: lo "spolpamento dei fuori". Per le abitazioni e gli alloggi, of course! Nelle grandi città (metropolitane) ma anche in quelle di dimensioni ridotte, i prezzi per gli affitti sono esorbitanti. E ovviamente quasi tutti sono in nero. Per carità non biasimo assolutamente quei padroni di casa che cercano di tenere qualcosa anche per sé, visto l'andamento in costante crescita dell'Irpef e Imu dovuti per le case in affitto; alcune realtà però sono orride e indecenti. Ci sono appartamenti che non vedono un'imbiancatura dall'inizio della prima Repubblica o stanze dalle dimensioni così ridotte che anche un chiuaua faticherebbe a starci. E le cifre richieste sono spropositate, senza vergogna alcuna da parte dei proprietari.

Per contenere questo malcostume il Ministero delle Finanze, in collaborazione con il Miur, ha inviato dei questionari a migliaia di studenti fuori, per poter verificare e rilevare eventuali irregolarità contrattuali. Certo molti studenti, lo do per certo, risponderanno in maniera falsata (anche se non si prevede perseguibilità giuridica nei loro confronti), pur di mantenere il proprio domicilio; senza lo sbattimento di ripartire da zero e magari finire persino peggio. Ed iniziative governative, come quella a cui hanno aderito molte città universitarie, di agevolare a livello di tasse tutti i proprietari che decideranno di dare in affitto case a canoni minimi (articolo 5 comma 2 e 3 della legge 431/98, che prevede contratti di locazione di natura transitoria specifici per studenti universitari), sono a mio avviso destinate a fare una brutta fine. Chi mai darebbe in affitto un proprio alloggio, a Milano, per 500 euro circa al mese? Considerate che questa è la cifra richiesta per una sola stanza, mentre per un monolocale si parte dai 700-800 euro in su. I vantaggi fiscali non sono assolutamente sufficienti. Il Miur dovrebbe invece iniziare a investire per creare case degli studenti.

Magari pescando qualche finanziamento proprio dagli altri "fuori", quelli corso. A loro infatti la Spending review ha fatto un gran bel regalo: un aumento delle tasse universitarie assolutamente non irrilevante. Molti si ritroveranno le tasse raddoppiate, certo saranno solo quelli i cui papi e mami possono vantare un reddito Isee superiore a 150mila euro, ma anche i meno danarosi avranno ritocchi comunque consistenti (dal 25% al 50%). E per giustizia va ribadito che molti dei fuori corso lo sono perché lavoratori o fuori sede che non sempre potendo permettersi di vivere nella città sede universitaria, perdendo parecchie lezioni e restando tagliati fuori dai docenti stessi, che li penalizzano fortemente agli esami. Dato che comunque di soldi ne arriveranno (i fuori corso sono stimati attorno a 598.512) si dovrebbe investire nell'agevolare anche i ragazzi. Non solo per finanziare cattedre (che tecnicamente da decreto dovrebbero essere tagliate, ma che poi, si sa, non salteranno mai) dunque o mantenere in vita corsi obsoleti e semi-deserti, ma anche per aiutare concretamente chi l'università la vive giornalmente (o anche no) e in essa ripone grandi speranze.

Insomma, già questi ragazzi dovranno farsi strada in un mondo del lavoro sempre più in crisi (e per questo molto selettivo), cerchiamo almeno di agevolarli da studenti. Sempre e soltanto se meritevoli, naturalmente.

E se le cose non cambieranno, cari studenti "fuori", spesa per spesa, perché non prendete in considerazione di andarvene via? Di emigrare realmente all'estero, dove, già più volte ho detto, le visioni (ma anche le realtà) sono anni luce più avanti delle nostre.

Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

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