La Corte di Cassazione, con sentenza n. 29820/2012, accogliendo il ricorso di un imputato condannato a sei mesi di carcere e trecento euro di multa per furto aggravato di oggetti destinati alla pubblica reverenza, sottratti all'interno di un Oratorio intestato a privati, ha annullato la condanna poiché, escludendo l'aggravante di cui all'art. 625 n. 7, "il reato di furto
diventa procedibile a querela, che nella specie manca". In primo luogo - precisano i giudici di legittimità - "l'edificio in questione non può essere considerato uno stabilimento pubblico, dal momento che la stessa sentenza riconosce che si trattava di un "oratorio" privato, che abitualmente non era aperto al pubblico.". "Sotto altro profilo - proseguono gli ermellini - deve escludersi che le cose in esso custodite fossero destinate alla reverenza da parte dei fedeli" essendo tali solo le cose assolutamente rispettate dalla generalità dei consociati, in quanto espressione del sentimento religioso o di elevati ideali civili, per cui "non è sufficiente che la cosa si trovi in un luogo destinato a pubblica reverenza, ma deve avere essa stessa una funzione di culto o di devozione". Nel caso di specie, poi, gli oggetti rubati comprendevano un confessionale, una ginocchiera, una nicchia in legno e due ampolle in vetro, cose che non hanno proprio una funzione di culto trattandosi di oggetti soltanto strumentali all'esercizio del culto.

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