LA MEDIAZIONE FINALIZZATA ALLA CONCILIAZIONE NON OPERA NEL PASSAGGIO DAL PROCESSO PENALE AL GIUDIZIO CIVILE RIFORMATO - Una delle patologie croniche che affliggono il nostro Paese è l'arretrato in cui si dibatte gran parte degli uffici giudiziari, sia civili, sia penali. Per cercare non di certo di porre rimedio, ma quanto meno di frapporre un argine di contenimento si è da tempo individuata la conciliazione che, però, cozza contro la cultura italiana. La tradizione nostrana contempla il processo quale pressoché unico approdo delle controversie. "I soldi ci sono anche per la tigna" suole ripetere l'adagio popolare. Del resto, il processo contiene al suo interno anche una dimensione catartica, che non va dimenticata: quasi che dal dictum del giudice promani un appagamento ed una soddisfazione aggiuntivi rispetto al conseguimento del bene della vita in contesa. Più dell'opera del conciliatore, la cui logica è ispirata agli interessi più che ai diritti. Il sistema - Giustizia ovviamente è ripiegato su sé stesso e sta affondando, inabissandosi nell'indifferenza generale come la Costa Concordia all'Isola del Giglio. In primo grado la mole delle cause civili di primo grado è ormai consegnata, in via pressoché esclusiva, alle cure, non sempre premurose, assidue ed avvedute, della magistratura
non togata; Giudice di Pace e GOT sono, infatti, assegnatari di ruoli che sino a qualche lustro fa erano in mano a fior di magistrati togati che si occupavano, in persona di quel fulgido magistrato ch'era il Pretore, persino delle procedure esecutive mobiliari. Bando, dunque, al misoneismo, all'orrore per le novità, e sotto con forme alternative al sistema - giustizia: la mediazione finalizzata alla conciliazione è figlia della Direttiva del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/CE, che ha imposto agli Stati membri l'introduzione di tale disciplina. Orbene, la cittadella della giustizia non è più sola, non è più la Fortezza Bastiani del "Deserto dei Tartari" di Dino BUZZATI. Il Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, chiude il cerchio abbozzato con la legge n. 69/2009 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie CIVILI e COMMERCIALI. Nel dibattito correlato all'avvio della nuova procedura si è spesso agitato come un mantra il problema dell'effetto dissuasivo per gli investimenti delle imprese straniere nel nostro Paese che promanerebbe dalla endemica lentezza dei processi di recupero dei crediti e di soluzione delle controversie. In questo panorama fa capolino, dunque, la MEDIACONCILIAZIONE che si avvia a entrare a pieno regime dopo un comprensibile smarrimento degli ambienti forensi. Su questo Portale cercheremo con assiduità di diradare i dubbi e le perplessità che germogliano dalla prassi attuativa delle conciliazioni. Alla lettera F) dell'art. 5, comma quarto, del Decreto Legislativo n. 28/2010 si legge, ad esempio, che la disciplina non ha operatività con riferimento all'esercizio dell'azione civile nel processo penale. La stessa Relazione illustrativa del Decreto attuativo della delega di cui all'art. 60 della già menzionata Legge n. 69/2009 ammoniva sul rischio di un pesante condizionamento all'esercizio di tale azione civile da reato, munita di grande efficacia e di forte valore simbolico. E' legittimato a costituirsi parte civile ed a chiedere il risarcimento del danno il titolare di un interesse giuridicamente rilevante, leso dall'illecito costituente reato. La parte offesa potrà, quindi, ai sensi dell'art. 79, primo capoverso, c.p.p., effettuare la costituzione di parte civile per l'udienza preliminare e, successivamente, sino a che siano compiuti gli adempimenti contemplati all'art. 484 c.p.p. In tal senso, la costituzione di parte civile può ritualmente avvenire all'udienza fissata per il dibattimento, prima che venga dichiarata la sua apertura. Il problema sorge per la fase successiva al processo penale. Infatti, la sentenza che condanna l'imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno sarà per lo più una pronuncia generica o sull'an debeatur, magari assegna un acconto provvisionale immediatamente esecutivo pari alla prudenziale misura dettata dall'art. 539 c.p.p. "nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova". Consiste, però, in una condanna parziale, ontologicamente provvisoria, come tale destinata ad essere travolta ed assorbita dall'effettiva liquidazione dell'INTEGRALE risarcimento nella naturale sede civile. E' un'anticipazione sul risarcimento del danno che non è censurabile avanti alla Corte di Cassazione in quanto rimessa alla discrezionalità del giudice del merito. Sorgeranno obbligazioni legate dal vincolo della solidarietà tra coobbligati, il che imporrà che, in caso di inadempimento di uno, gli altri, salva l'azione di regresso, debbano intervenire per coprire l'insolvenza; parimenti e specularmente, ove l'avente diritto richieda la refusione ad uno soltanto dei coobbligati solidali, chi adempie per l'intero avrà azione di regresso. Occorrerà, dunque, interrogarsi sull'operatività della mediazione ai fini conciliativi nel transito dal giudizio penale a quello civile. Poiché la domanda è stata già avanzata nella sede penale e la lite è la medesima, a nostro sommesso orientamento tale ipotesi non soggiace all'obbligatorietà della "mediaconciliazione", per quanto il giudice civile ben potrà formulare un invito ai litiganti ad avviarla. La domanda non sarà, dunque, affetta da improcedibilità. Altre interpretazioni, pur in ipotesi borderline, sarebbero diaboliche ed irriguardose verso le parti offese dal reato che abbiano esercitato l'azione civile nel processo penale.
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