Anche se la segnaletica stradale all'interno di un centro urbano risulta complessa, non è questo un buon motivo per invalidare le contravvenzioni della polizia municipale inflitte a chi ha attraversato i varchi elettronici della zona a traffico limitato. E non serve neppure rilevare la mancanza del timbro sul retro del cartello di divieto di transito. Non sono questi, spiega la Cassazione elementi idonei per impugnare una contravvenzione. Il chiarimento arriva con la sentenza numero 5809/2012 con cui la Suprema Corte ha esaminato il caso di un automobilista che per ben 33 volte era entrato nell'area Ztl. L'uomo impugnando le contravvenzioni, aveva eccepito diverse cose tra cui la carenza di segnaletica, la mancanza del timbro contenente il numero dell'ordinanza sindacale sul retro del cartello, la discordanza di due segnali successivi, la scarsa comunicazione da parte dell'Amministrazione, l'utilizzo illegittimo di un impianto non omologato, la necessita' di applicare una sola sanzione invece che 33 visto che se era trattato sempre della stessa violazione. Inizialmente il Giudice di Pace
aveva respinto la tesi dell'automobilista che venga invece accolta dal tribunale in sede d'appello. Il Comune interessato aveva quindi presentato ricorso in cassazione e gli ermellini hanno confermato la correttezza operativa e amministrativa della polizia municipale stabilendo che nessuno degli elementi dedotti dall'automobilista poteva giustificare esenzioni dalla sua responsabilità in merito alle infrazioni che aveva accumulato oltretutto in giorni e orari diversi. Per il resto la Corte fa notare che il rispetto di tutti gli aspetti amministrativi come l'omologazione degli impianti e l'esistenza dei provvedimenti amministrativi era stato dimostrato dall'amministrazione comunale.

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