Il credito del professionista deve essere ammesso al passivo con privilegio anche per le attività che vanno oltre il biennio che precede la dichiarazione di fallimento. Infatti va valutata ogni singola prestazione al compimento della quale può essere compiutamente quantificato il compenso anche alla luce del risultato raggiunto. È questo il contenuto della sentenza n. 2446, depositata il 20 febbraio 2012 con cui, la sesta sezione civile del Palazzaccio, ha risposto in modo affermativo alla domanda se il credito per l'attività professionale dell'avvocato svolta oltre il biennio dal fallimento dell'azienda patrocinata è un credito privilegiato. La vicenda nasce dal ricorso di un avvocato che si era visto riconoscere il suo credito privilegiato solo in riferimento alla frazione delle prestazioni professionali svolte nell'ultimo biennio dello svolgimento dell'incarico dell'impresa poi fallita.
Ricorreva così in Cassazione e la Suprema Corte, accogliendo il suo ricorso, spiegava che per determinare se un credito sia sorretto o meno da privilegio non deve essere preso in esame il complessivo rapporto professionale tra l'avvocato e il patrocinato ma ogni singola prestazione professionale al compimento della quale può essere compiutamente quantificato il compenso anche alla luce del risultato raggiunto (p.e. alla fine di ogni grado di giudizio). Ciò perché - hanno continuato a spiegare i giudici di legittimità dando seguito ad un orientamento consolidato - ai fini dell'applicazione dell'art. 2751 bis, n, 2, c.c. - a norma del quale hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore di opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni della prestazione - la norma va interpretata nel senso che le prestazioni del professionista vanno valutate unitariamente, con riferimento al momento in cui sono richiesti o devono essere determinati gli onorari, ancorché si riferiscano ad attività svolte oltre biennio.

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