"Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile ex art. 2087 c.c. dell'infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l'imprenditore
dall'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, essendo necessaria a tal fine una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro e, con essa, dell'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere". Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 856 del 23 gennaio 2012, ha accolto il ricorso dell'Inail avverso la decisione dei giudici di merito con cui era stata rigettata la domanda di regresso dell'Istituto nei confronti del datore di lavoro di un lavoratore il quale aveva subito un infortunio sul lavoro
cadendo mentre eseguiva i lavori di disarmo della carpenteria in legno posta sulla pensilina a tetto sita al terzo piano di un edificio in costruzione. Nello specifico i giudici di legittimità, sottolineando che la Corte di merito - accertato che l'avere svolto l'attività di disarmo di una pensilina collocata in un piano alto di un edificio in costruzione aveva costituito una iniziativa del lavoratore, non richiestagli dal datore di lavoro che gli aveva affidato un diverso incarico - ha tratto la conseguenza che l'infortunio che ne era derivato non poteva essere attribuito a responsabilità del datore di lavoro, afferma che si tratta di un'enunciazione meramente assertiva, non avendo la Corte territoriale preso adeguatamente in esame, sulla base del contesto in cui si era verificato l'infortunio, la possibile prevedibilità della deviazione del lavoratore - avvenuta comunque sempre all'interno del tipo di lavoro cui era addetto - dai compiti specificatamente assegnatigli, dopo lo svolgimento di questi e quindi il corretto adempimento del dovere di vigilanza gravante sul datore di lavoro in ordine all'effettiva osservanza degli incarichi impartiti.

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