Caro Zibaldone, mi capitò curiosamente vari anni fa di offrire un passaggio ad un Marco Travaglio un po' sbalordito dall'abbandono (se lo erano scordato!) che mi chiedeva con garbo piemontese se conoscessi il tal paesino dell'entroterra (Loro Piceno, se non erro). "Sì che lo conosco! - risposi al poliedrico allievo di Indro Montanelli - e non ho impegni, sicché L'accompagno ben volentieri per quanto la mia macchina non sia un granché presentabile, ma almeno è qui vicino". Dopo aver tenuto un'agile, profonda ed incisiva presentazione presso un Centro Commerciale delle Marche, Marco doveva recarsi a spron battuto ("più de corsa che de prescia" si direbbe a Roma) presso il teatro ove avrebbe recitato uno dei suoi apprezzati monologhi. Poi, sopraggiunse, seppur in grave ritardo, qualcuno dell'organizzazione che lo sequestrò e non fu più necessario il mio aiuto automobilistico. Il tempo di una stretta di mano di ringraziamento, un saluto fugace e Marco scappò via: aveva una fretta terribile. Riconosco a Marco TRAVAGLIO meriti storici: ha tenuto desto lo spirito critico degli Italiani nell'oblio della memoria e dei fatti. Tant'è che uno dei suoi tanti e fortunati libri si intitola proprio "La scomparsa dei fatti" e dice tutto. Poi, ciliegina sulla torta, la fondazione del "Fatto Quotidiano" e la collaborazione con Michele SANTORO. Il quotidiano diretto da Antonio PADELLARO rappresenta ormai una pietra miliare nel panorama informativo del nostro Paese e sul malaffare imperante e non può più mancare nella mazzetta dei giornali che ti informano davvero. Quel tipo di giornale in Italia non esisteva ed ora gode di ottima salute, in controtendenza con l'andamento della stampa cartacea, in asfissia economica e di idee. Da quando, però, vi è stato il passaggio di consegne al vertice del governo
e del potere, qualcosa di significativo è accaduto. Marco Travaglio pare aver perso la bussola e lo stesso quotidiano è in disorientata sofferenza. Lo conferma l'editoriale che campeggia sul quotidiano del 17 gen '12: quel pezzo, insolitamente esteso oltre la prima pagina, azzanna alla giugulare Eugenio SCALFARI sulla questione dei referendum
elettorali bocciati dalla Corte Costituzionale. Ora, Scalfari è il padre nobile del giornalismo made in Italy. Uno dei pochissimi ancora in vita dopo la triste dipartita di Giorgio BOCCA proprio il giorno di Natale '11. A propria volta, molti anni prima di Travaglio e Padellaro, nel 1976, ha fondato dal niente un quotidiano (un "Espresso" quotidiano, in pratica) che ha cambiato il modo di fare informazione, un metodo poi scopiazzato un po' da tutti i concorrenti: anche quelli avversari politicamente. Un giornalismo non solo "cane da guardia del potere", come da antica ed icastica formula, che ti prende per mano in modo amicale e ti spiega le cose ed i fatti del giorno e della settimana passata ed entrante con analisi ed approfondimenti.
In qualunque modo uno la pensi politicamente (io me lo ero scritto da qualche parte come la pensavo, ma non ricordo ove ho messo il foglietto), documenta il lettore, stimola riflessioni e curiosità. Un metodo da insegnare nelle scuole di giornalismo, purtroppo rimasto orfano di recente di Peppino D'AVANZO e prima di Edmondo BERSELLI, due Grandi-Grandi. Quel che mi sfugge è se Marco Travaglio si sia reso perfettamente conto della situazione -GRAVISSIMA- (parole del Presidente della BCE Mario DRAGHI, appena del 16 gen '12) in cui si sta dibattendo non l'Italia soltanto, ma l'Europa tutta. Tra coloro che, a mio modesto orientamento stanno profondendo un'opera (condivisibile o no nei contenuti, ma grandiosa nell'impegno) meritoria ed efficace, spicca il nuovo Presidente del Consiglio Mario MONTI sotto l'alto e fermissimo patrocinio del Capo dello Stato Giorgio NAPOLITANO. La Storia ricorderà il nostro caro Presidente della Repubblica come colui che, incurante delle sue molte primavere, massimamente si è battuto per evitare il disastro-Italia. Ero a Roma in quei giorni e si respirava un'aria da fine del mondo imminente: perfino Daniela SANTANCHE' sembrava una moderata nell'intervento ad un convegno cui anch'io ero invitato. Non mi permettei mai di invitare Marco Travaglio ad applicare il detto "non disturbare il manovratore" Mario MONTI (anche se siamo più o meno, urtato lo scoglio dello spread, come la Costa Concordia nel Golfo dell'Isola del Giglio ma la catena di comando ed i meccanismi di messa in sicurezza qui funzionano molto meglio). Mi limiterei, sommessamente, a suggergli quanto meno di elevare critiche A RAGION VEDUTA, in special modo in un frangente delicatissimo come l'attuale: ci stiamo per davvero giocando il tutto per tutto e la presentabilità e la credibilità dell'Italia sono in netta risalita. Con rinnovata stima e con invito a casa mia a verificare se manca qualche libro, nel vasto catalogo di tutti quelli pubblicati da TRAVAGLIO, che non sia opportunamente spulciato, evidenziato e sottolineato in modo variopinto.
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