ISTANZA DI TRATTAZIONE entro il 30 giugno 2012 per evitare l'estinzione delle impugnazioni - Decreto Legge n.212 del 2011 incostituzionalissimo - Un giurista, esaminato il contenuto del Decreto Legge n.212 del 22 dicembre 2011 nella parte in cui sanziona con l'estinzione la mancata presentazione dell'istanza, dovrebbe gettarlo dalla finestra. Si propose di farlo Norberto BOBBIO con un pessimo saggio ricevuto. Il grande Maestro di teoria generale del diritto era un moderato. Un processualista che agisse in tal modo sarebbe coerente con il suo credo nella giustizia e nella legalità. Una legge impensabile e paradossale. Orrenda per lo Stato di diritto e di processo. Come fossimo bambini treenni capricciosi, che chiediamo ora il gelato al puffo, ora la pizza con i capperi, e lo Stato ci chiede se persista l'interesse, non al puffo ed ai capperi, ad impugnare. Tra qualche giorno ricade una mia causa di valore ingente che segue il vecchissimo rito in cui sono già fissati dal Collegio, per legge, i due anticipati termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Udienza di discussione che verrà differita di un semestre (visto che ci siamo, facciamo un anno o giù di lì) perché non basta pagare un contributo unificato
di € 500,00, depositare un'ottantina di cartelle di atto di appello avverso una demenziale pronuncia di primo grado. No, non basta per provocare un verdetto di secondo grado!!! Warning! Dal primo gennaio 2012 è, dunque, scattata la decorrenza del termine semestrale per confermare l'interesse alla prosecuzione delle vecchie cause civili in appello (e per appello s'intende pendenti avanti anche ai Tribunali per le sentenze dei Giudici di Pace: non fateVi fregare da erronei ed imprecisi formulari che pallonzolano in rete) e in cassazione, pena l'estinzione dei giudizi. Le cancellerie non avviseranno né le parti né i loro difensori, come invece prevedeva in origine la legge di stabilità
(la 183/11); sarà l'avvocato a dover fare la cernita tutto da solo: a cercare, forse aiutato dalla tecnologia di cui si sia dotato, quali giudizi siano sotto il giogo dell'assurda riforma, di cui prima o poi la Consulta non potrà che fare coriandoli di Carnevale. L'articolo 26 della legge 183/11 contiene una norma che ha un obiettivo di natura deflattiva, evidente sin dalla rubrica ("Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente"): se non interverrà la dichiarazione di persistenza nell'interesse alla trattazione della causa firmata dalla PARTE, s'intenderanno rinunciate le impugnazioni nei procedimenti civili pendenti in Cassazione, relativamente ai ricorsi contro le pronunce pubblicate prima del 4 luglio 2009 (data di entrata in vigore della legge n. 69/2009), e nei procedimenti pendenti davanti alle Corti di Appello da oltre tre anni prima del primo gennaio 2012, data di entrata in vigore della legge di stabilità, e dunque pendenti al 31 dicembre 2008. Che Dio ce la mandi buona nella cernita delle impugnazioni che soggiacciono alla paradossale normativa. E non basta l'istanza dell'avvocato già munito di procura ad litem e questo è mortificante. Tra tutte le toppe di Arlecchino che abbiamo visto negli ultimi vent'anni questa si segnala per spiccata iniquità. E poi non si capisce perché si siano accaniti contro i giudizi di impugnazione civili, che sono tra quelli più meditati prima dell'instaurazione.
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