Intervenendo ancora una volta in materia di riparazione del danno per l'eccessiva durata dei processi (articolo 2 Legge 24 marzo 2001, n. 89) la Corte di Cassazione ha ricordato che il diritto all'equa riparazione spetta tutte le parti e non soltanto quella che è risultata vittoriosa. Come spiega la Corte (sesta sezione civile, sentenza n. 35/2012) la violazione del termine di durata ragionevole del processo fa sorgere il diritto alla riparazione anche alla parte che ha perso la causa. Non solo: tale diritto prescinde anche dalla consistenza economica e dall'importanza del giudizio. Unica eccezione è quella in cui si dimostri che il soccombente ha promosso una lite temeraria
o ha resistito in giudizio al solo scopo "di perseguire proprio il perfezionamento del diritto alla riparazione". Implicitamente la Corte non fa che richiamare la portata del secondo comma dell'articolo 2 della legge 89 secondo cui il giudice deve considerare la complessità del caso e, in relazione ad essa, il comportamento delle parti. Per il resto secondo la Corte risulta del tutto irrilevante, la eventuale consapevolezza, da parte di chi fa la richiesta di equa riparazione, della scarsa probabilità di successo della sua iniziativa giudiziaria.

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