Il concreto compimento di atti di violenza, quale specifico strumento di finalità terroristiche o eversive, è requisito necessario perché operi l'ostatività ai benefici penitenziari ex art. 4 bis dell'O.P. È questo il contenuto della sentenza n. 45945, depositata il 12 dicembre 2011 con cui la prima sezione penale ha accolto il ricorso di eversore toscano, condannato dalla Corte di Appello per atti intimidatori nei confronti di alcuni esponenti politici. La sentenza
del Palazzaccio nasce dall'ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Torino dichiarava inammissibili le istanze di misure alternative (affidamento in prova e semilibertà) proposte dal condannato, sul rilievo che il titolo di reato la cui pena era in espiazione (art. 270 bis c.p., associazioni sovversive) risultava ostativo ex art. 4 bis O. P. alla concessione delle chieste misure alternative, anche in mancanza di collaborazione (profilo, peraltro, neppure richiesto). Secondo il Tribunale, la ratio del divieto posto dall'art. 4 bis o.p. corrispondeva alla natura del delitto di cui all'art. 270 bis c.p., qualificabile a pericolo presunto, ex se, a prescindere dal compimento concreto di specifici atti di violenza. Proponeva dunque ricorso per cassazione il condannato sostenendo la violazione dello stesso art. 4 bis O.P. in quanto, nell'elencazione dei titoli di reato escludenti i benefici, i delitti commessi per finalità di terrorismo "mediante il compimento di atti di violenza", fosse una circostanza estranea ad esso ricorrente.
Investita della questione, la Corte, accogliendo il ricorso dell'uomo ha spiegato che "la lettura interpretativa dell'articolo 4 bis Op, primo comma, prima parte rende del tutto evidente che il brano "mediante il compimento di atti di violenza" è strutturalmente legato a tutta la frase in questione, e dunque al costrutto "delitti commessi" che abbiano le ridette finalità di terrorismo o di eversione: ne consegue che sono ostativi ai benefici penitenziari (eccetto la liberazione anticipata) i delitti commessi mediante il compimento di atti di violenza che siano finalizzati al terrorismo o all'eversione. Detta interpretazione risulta senz'altro coerente alle superiori motivazioni ove si pensi alle finalità di recupero sociale cui l'intera normativa penitenziaria è ispirata e che, dunque, non può ignorare che la concreta mancanza di atti di violenza nel vissuto deviante del condannato è favorevole punto di partenza che non può essere eluso in funzione di un positivo percorso di risocializzazione".
Consulta testo sentenza n. 45945/2011

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: