Con la sentenza n. 24450, depositata il 21 novembre 2011, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito che non può essere dichiarata l'inammissibilità dell'appello sul mero rilievo che l'atto di impugnazione sia stato erroneamente notificato al padre esercente la potestà mentre il figlio risulta ormai diventato maggiorenne, se quest'ultimo, intervenuto in giudizio, concluda in modo conforme al padre e dunque eccepisca l'inammissibilità dell'appello, dimostrando in tal modo di essere a conoscenza dell'instaurazione del giudizio in grado di appello. In primo grado il Tribunale di Vibo Valentia aveva dichiarato la responsabilità concorrente del conducente di un trattore in riferimento a un sinistro stradale nel quale un ragazzo, all'epoca minorenne, a bordo di un motociclo, era stato coinvolto perché investito dal trattore di proprietà
di un altro soggetto. Il ragazzo riportava gravi lesioni. Il proprietario e il conducente del veicolo, venivano condannati al pagamento del risarcimento del danno in favore del ragazzo. Dopo la sentenza di primo grado, su gravame del proprietario e degli eredi del conducente, nel frattempo deceduto, proposto e notificato al padre del ragazzo, nel frattempo divenuto maggiorenne, in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio, la Corte di appello di Catanzaro, dichiarava l'inammissibilità dell'appello. Proponevano ricorso per cassazione
gli appellanti. Accogliendo il ricorso degli appellanti (che avevano sottoposto alla Corte la questione di diritto e cioè avevano chiesto se essi avrebbero dovuto proporre e notificare l'appello al soggetto ormai divenuto maggiorenne, che in sede di appello era intervenuto per sostenere l'inammissibilità dell'appello, che invece era stato notificato al padre), la Corte, ha in proposito spiegato che "alla luce dei principi del cosiddetto "giusto processo", la voluntas legis circa le ipotesi anche giurisprudenziali di sanabilità, per quanto possibile, di un atto invalido deve essere interpretata nel senso che il legislatore ha ormai superato una visione formalistica del contraddittorio, intervenendo su di esso con la prospettiva di assicurare, avanti al giudice, che esso si svolga tra le parti che effettivamente dimostrino di avervi interesse e che al riguardo non è più rilevante la astratta conoscibilità o non conoscibilità della instaurazione del giudizio, qualora si verifichi la avvenuta, effettiva, conoscenza da parte del soggetto erroneamente pretermesso della vicenda processuale che lo interessa". Il figlio, - ha aggiunto la Corte - intervendo in appello e concludendo in modo conforme alle conlusioni del padre anche nel merito, ha manifestato in modo non equivoco la propria volontà di sanatoria.
Consulta testo sentenza n. 24450/2011

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