In tema di compravendita immobiliare, con la sentenza n. 22084, depositata il 25 ottobre 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'atto notarile in cui si certifica che il prezzo della compravendita immobiliare è stato versato per intero non dimostra che l'acquirente abbia pagato al compratore anche l'Iva. È questo il principio di diritto enunciato in una sentenza
della sesta sezione civile che ha rigettato il ricorso dell'acquirente di un immobile che aveva proposto opposizione avverso il decreto con cui il Tribunale di Roma l'aveva condannato a pagare a favore di una società immobiliare la somma di 48 milioni di lire a titolo di Iva sul prezzo di una compravendita immobiliare. L'acquirente aveva dedotto che la venditrice aveva rilasciato quietanza attestante il pagamento dell'intero prezzo. Il tribunale accoglieva l'opposizione che veniva però riformata in sede di appello. I giudici di secondo grado, infatti, escludevano che la clausola contrattuale invocata dall'opponente potesse essere interpretata come dichiarazione di quietanza liberatoria dell'avvenuto pagamento del prezzo. Su ricorso per cassazione
proposto dall'acquirente, la Corte, affermando che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già data dal giudice di merito, ha spiegato che "la sentenza - attenendosi al tenore letterale del complessivo contenuto della clausola in esame - è senz'altro immune dai vizi di motivazione denunciati, essendosi rivelato logicamente corretto e senz'altro comprensibile il procedimento con il quale ha escluso la natura di quietanza delle dichiarazioni inserite nel contratto: proprio in considerazione del contenuto e degli effetti della quietanza, richiamati dalla ricorrente, i giudici di appello hanno evidentemente inteso affermare che l'attestazione dell'avvenuto ricevimento del pagamento era incompatibile con la circostanza indicata dalle parti secondo cui la compratrice si obbligava al pagamento con il ricavo dal mutuo che sarebbe stato (andrà) di seguito stipulato e che sarebbe stato versato (verrà versato) alla società venditrice successivamente all'iscrizione della relativa ipoteca a favore dell'ente mutuante, così interpretando l'espressione usata nel senso che l'acquirente avrebbe soltanto successivamente stipulato il mutuo e ricavato quindi l'importo necessario il pagamento del prezzo. E, nel confermare tale convincimento, la sentenza ha evidenziato che le parti non avevano determinato la misura dell'Iva dovuta, spiegandone in modo del tutto logico le ragioni (non era dato sapere se l'acquirente versasse nelle condizioni per il pagamento in misura ridotta)". Infine la sesta sezione civile ha sottolineato che "i giudici hanno escluso che il notaio partecipi alla fase della riscossione dell'imposta che grava sul cedente dei beni o servizi, il quale ha rivalsa nei confronti del cessionario".
Consulta testo sentenza n. 22084/2011

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