In tema di licenziamento del lavoratore per giusta causa, incombe sul datore di lavoro l'onere della prova della realizzazione da parte del lavoratore di un comportamento che integri una grave negazione degli elementi essenziali del rapporto ed, in particolare, di quello fiduciario, con riferimento non al fatto astrattamente considerato bensì agli aspetti concreti di esso, afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente nell'organizzazione dell'impresa, nonchè alla portata soggettiva del fatto stesso, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi ed all'intensità dell'elemento volitivo. Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza
n. 20385 del 5 ottobre 2011, ha altresì precisato che la valutazione della gravità dell'infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.

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