La Corte di Cassazione, con sentenza n. 32981 del 1° settembre 2011, ha stabilito che affinché possano essere utilizzate le dichiarazioni rese dai lavoratori clandestini in nero contro il proprio datore di lavoro, gli stessi devono essere reperibili. Nel caso di specie, il giudizio di colpevolezza del datore di lavoro si fonda sulle dichiarazioni di cinque operai rumeni, la cui presenza è stata legittimamente accertata dagli operatori di P.S. nei pressi del luogo ove gli stessi avrebbero dovuto prestare la loro manovalanza alle dipendenze dell'imputato
, titolare di impresa edile. Dette dichiarazioni sono state acquisite al processo ai sensi dell'art. 512 c.p.p. e non nel contraddittorio dibattimentale a causa dell'irreperibilità dei testimoni. La Suprema Corte, richiamando il principio affermato dalla CEDU, il 13.10.2002, in procedimento Bracci co Italia, secondo il quale viola l'art. 6 par. 3 e 4 lett d) c. eur. dir. uomo fondare la condanna esclusivamente su dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da una persona successivamente divenuta irreperibile e che l'imputato non abbia potuto esaminare o far esaminare in alcuna fase del procedimento, precisa che tale principio trova la sua consacrazione costituzionale nell'art. 111 Cost., ai commi 2, 3 ed, in particolare, 4. A tali principi costituzionali si ispira la disciplina positiva dell'art. 512 c.p.p., in forza del quale, il giudice, a richiesta di parte, dispone la lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione. I Giudici di legittimità, annullando con rinvio la sentenza
della Corte d'Appello che aveva condannato il datore di lavoro, sebbene sia oggettivamente elevato il pericolo di procurata irreperibilità da parte di soggetti extracomunitrari sprovvisti di permesso di soggiorno all'esito della loro identificazione e delle dichiarazioni testimoniali rese, sottolineano che nella sentenza impugnata, risulta del tutto omessa la motivazione in ordine alla ritenuta imprevedibilità della impossibilità a ripetere in dibattimento le testimonianze di accusa, requisito necessario per derogare al fondamentale principio della formazione in contraddittorio della prova di accusa.

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