La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17401/2011, ha affermato che l'art. 13 del c.c.n.l. del 16 maggio 2001, relativo al comparto ministeri e integrativo del precedente c.c.n.l. del 16 febbraio 1999 "va interpretato nel senso che pur, prevedendo esplicitamente la fruibilità dei permessi per motivi di studio solo per il personale assunto a tempo indeterminato, non esclude il personale a tempo determinato." In particolare la Suprema Corte sottolinea come non sia ravvisabile un'incompatibilità tra la natura del rapporto a termine e la concessione di permessi studio basata sulla limitata durata del rapporto che impedirebbe al datore di lavoro di avvalersi della elevazione conseguente alla fruizione dei permessi di studio; infatti "il riconoscimento di determinati benefici, quali quelli in esame prescinde da un siffatto interesse del datore di lavoro, pubblico o privato, essendo diretto alla concreta attuazione di fondamentali garanzie costituzionale, riconosciute nell'ordinamento internazionale e recepite altresì dal legislatore nella definizione dei diritti spettanti ai lavoratori studenti (art. 2 e 3 Cost, art. 2 Protocollo Cedu, art. 10 L.n. 300/70) le quali devono trovare una concreta ed effettiva attuazione nell'ambito di un equo bilanciamento con gli interessi, pure essi tutelati, alla libera organizzazione dell'impresa e all'efficienza della pubblica amministrazione ( art. 41 e 97 Cost.)". Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero della Giustizia
contro la decisione della Corte d'Appello di riammettere un lavoratore a termine nella graduatoria utile a usufruire delle 150 ore di premessi studio retribuiti, osservando altresì che l'argomento proposto da parte ricorrente per cui i permessi di studio non potrebbero essere facilmente frazionati appare generico ed inconferente in quanto la ratio dei permessi in parola è quella di consentire l'effettività del diritto allo studio nonostante sia in atto un rapporto di lavoro e tale difficoltà di conciliazione tra tempi di lavoro e studio non si pone ovviamente nei periodi in cui il soggetto non è occupato.

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