In tema di licenziamento disciplinare o per giusta causa, la valutazione della gravità del fatto in relazione al venir meno del rapporto fiduciario che deve sussistere tra le parti non va operata in astratto, bensì con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi e all'intensità dell'elemento intenzionale o di quello colposo. Sulla base di tali principi la Suprema Corte, con la sentenza
n. 16283 del 26 luglio 2011, ha ritenuto, confermando la decisione del Giudice d'Appello, che nel caso di specie, il comportamento su cui si fondava il recesso datoriale in tronco (una dipendente aveva stracciato e cestinato, in due occasioni, un avviso recante il nuovo orario di lavoro) non configurava un fatto così grave da integrare una altrettanta grave lesione dell'elemento fiduciario. Per quanto riprovevole, il comportamento della dipendente poteva trovare giustificazione nella reazione ad una illegittima modifica unilaterale dell'orario lavorativo da parte del datore di lavoro con conseguente sproporzione tra l'addebito ed il licenziamento.

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