Via libera alle critiche rivolte ai magistrati anche da parte dell'indagato, a patto però che qualsiasi opinione offensiva "offra una tesi dialetticamente confutabile". È quanto afferma la quinta sezione penale della Corte di Cassazione nella parte motiva della sentenza con cui ha convalidato una condanna per diffamazione nei confronti della 'mamma di Cogne', nell'ambito del procedimento 'Cogne bis'. I giudici del palazzaccio hanno fatto notare che "l'indagato ha diritto di manifestare il suo pensiero nei confronti di chi svolge le indagini. Ma l'esercizio del suo diritto di critica si giustifica solo qualora l'opinione, obiettivamente offensiva da lui espressa, offra una tesi dialetticamente confutabile, che percio' non consista nell'asserto apodittico di disvalore connaturato al modo di agire del magistrato d'iniziativa penale, le cui scelte sono vincolate al rispetto della legge, proprio per la tutela dell'interesse pubblico alla punizione del reato". La vicenda presa in esame dalla Corte si riferisce a un'affermazione fatta durante una puntata di Porta a Porta durante la quale la donna, condannata per l'omicidio del figlio, aveva accusato la Procura
di Aosta di "fare di tutto per coprire la verita'".

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