Altra pugnalata-contro assestataci dalle Sezioni Unite dopo quella, inusitata ed inutile, del 9 set '10 in relazione all'obiter dictum sui tempi della costituzione in giudizio in conseguenza ad opposizione a decreto ingiuntivo, contenuto nella decisione n.19246/'10 - Presidente Carbone, Estensore Salmè, PM Pivetti (concl. conf.). Ora, a cadere sotto la mannaia di Piazza Cavour è il momento dell'ISCRIZIONE della causa A RUOLO, vale a dire l'atto, che segna il passaggio da una situazione di litispendenza alla genesi vera e propria di un processo, con cui tecnicamente la controversia
viene incardinata sul ruolo generale degli affari contenziosi civili presso l'ufficio giudiziario di destinazione; la fattispecie è quella della notificazione a più parti convenute o destinatarie dell'impugnazione; per la Cassazione a composizione estesa il termine di dieci giorni entro il quale l'attore deve costituirsi con l'iscrizione della causa a ruolo della causa decorrerà sempre e soltanto dalla PRIMA NOTIFICAZIONE. Contrariamente al pronunciamento del settembre scorso, in tal caso non si è verificato un improvviso revirement giurisprudenziale perché sin dalla sentenza n°6481 del 16 lug '97 i giudici di Piazza Cavour avevano mutato indirizzo in favore della tesi più restrittiva. Ma va ricordata la felice eccezione di Cassazione n°718 del 18 gen '01, neppure massimata sul punto! Per contro, in precedenza prevaleva la tesi liberale che consentiva di differire l'intera attività di costituzione
entro dieci giorni dall'ULTIMA notifica. Tale tesi, ancorata anche all'ascolto degli studiosi e dei pratici del diritto processuale, a me sembra tuttora senz'altro preferibile. Infatti, ai miei occhi è irragionevole provocare l'iscrizione a ruolo addirittura prima che si sia costituito e perfezionato un rapporto processuale. Esiste ora il nuovo concetto di giusto processo e la sanzione per ritardi ingiustificati; ma, come fulgidamente scolpito dall'ordinanza interlocutoria depositata il 5 ago '10 dalla Terza Sezione della Cassazione, Relatore Dott. Fulvio UCCELLA, la ragionevole durata del processo proclama anche l'esigenza di un equilibrio armonioso nel contemperare le divergenti esigenze: una Giustizia amministrata senza ritardi ed un processo che non appaia abborracciato, sommario e vanamente frettoloso. Sfido chiunque a dimostrare che la tesi restrittiva faccia risparmiare un giorno uno di processo e per tale ragione vada preferita a quella restrittiva purtroppo affermatasi in Corte di Cassazione.
Riconosco che Cass. S.U. Sent. n°10864/2011 - Presidente Dott. Paolo VITTORIA, Redattrice Dott.ssa Roberta VIVALDI, PM Dott. Domenico IANNELLI (concl. conf.: rigetto ricorso) afferma che il ragionamento in cui credo fermamente non è condivisibile. Va ricordato che il legislatore non si esprime nel contesto dell'Art. 165 c.p.c.; al primo comma contempla soltanto l'ipotesi di notifica ad UN convenuto, mentre al secondo comma recita che l'originale dell'atto di citazione, nel caso di notifiche a più soggetti, vada inserito nel fascicolo dell'ufficio entro dieci giorni dall'ultima notificazione. Già dal mix di tali passi, oltre che dalla lettera e dalla ratio, sarei dell'opinione che l'iscrizione, contro l'orientamento giurisprudenziale prevalente, possa essere curata entro dieci giorni (oppure cinque nell'ipotesi di abbreviazione di termini a mente dell'art. 163-bis, comma 2, c.p.c.) dall'ultima delle notifiche. Visto dal versante dei convenuti, costoro possono pur fare tutti i controlli e tutte le macumbe che desiderano, ma dovranno comunque attendere la prima udienza del grado di giudizio per provocare un qualsiasi provvedimento contro l'attore o impugnante. Non è per nulla affatto leso il diritto di difesa per una marginale attesa di qualche giorno. Elevare, poi, a regola fissa l'iscrizione a ruolo con la cosiddetta 'velina' mi pare prassi assurda. Sta di fatto che, in considerazione delle note disfunzioni, l'UNEP degli Ufficiali Giudiziari entro dieci giorni dalla prima delle notifiche con ogni probabilità non avrà neppure 'scaricato' il mio atto (che contemplerà pure di norma la delega in originale conferitami dal cliente). Il ricorso per cassazione, per la cronaca, era avverso la sentenza di secondo grado del Tribunale di Taranto in funzioni di giudice del gravame per il GdP tarantino. Il Tribunale di Taranto aveva dichiarato improcedibile l'appello. Talché, unformandosi al diktat delle Sezioni Unite, d'ora in avanti l'attore (ai sensi dell'art. 165 c.p.c.) o l'appellante (ai sensi dell'art. 347 c.p.c., che alla prima disposizione rinvia) debbono costituirsi con iscrizione a ruolo della causa, con decorrenza dalla PRIMA notificazione, non dall'ultima. Ordunque, stavolta nessuna visione salvifica di overruling o di rimessione in termini parrebbe consentita allo sfortunato avvocato per poter riprendere il processo per le penne. Per buona parte dell'estate 2010 ci siamo occupati del problema del momento dell'iscrizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo oltre il 'nuovo' termine individuato dalla famosa sentenza n.19246/'10 delle Sezioni Unite della Cassazione. La soluzione dell'istituto di carattere generale della rimessione in termini ci era apparsa la preferibile, visto l'Art. 153 c.p.c. secondo cui "i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti. La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell'articolo 294, secondo e terzo comma". Considerato che l'abrogazione dell'art. 184-bis c.p.c. e lo spostamento del suo contenuto nell'art. 153, cioè del capo dedicato in via generale ai termini processuali, indica la volontà del legislatore di fare in modo che l'istituto della rimessione in termini sia di applicazione GENERALIZZATA e non limitata all'ipotesi in cui le parti siano decadute dal potere di compiere determinate attività difensive nel corso della trattazione della causa. Si potrebbe, quindi, azzardarne un'applicazione con cui avversare la fiscale pronuncia delle Sezioni Unite e mi pare di capire che il Prof. Avv. Luigi VIOLA sia di questo stesso orientamento stando al passo che si legge a pag. 34 del bel testo, chiaro e lineare, "L'udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c." or ora edito da Giuffrè nella collana "fatto&diritto" all'esiguo costo di €22,00, ben investiti nel granaio del sapere contro l'oblio dell'ignoranza che mi è parso una pregevole bussola per orientarsi tra i marosi del processo civile. Beninteso, la sentenza delle Sezioni Unite è di qualche giorno fa ed il libro non ha potuto tenerne conto anche se era predisposto allo scopo.
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