Continua e anzi si accresce la polemica intorno al caro-farmaci, dopo l'entrata in vigore della direttiva del ministero della salute, in base alla quale, dal 15 aprile scorso, lo stato ha provveduto a diminuire il rimborso per 4189 cosiddetti farmaci generici, fino al 40%, allineandosi alla media dei prezzi di vendita in Europa. I farmaci generici sono quei farmaci che contengono lo stesso principio attivo di un farmaco di marca, che generalmente costa di più, trattandosi di solito di marchi non più coperti da brevetto. Il problema è che le aziende farmaceutiche non hanno provveduto, nel contempo, ad abbassare i prezzi proporzionalmente alla riduzione del rimborso statale, per cui nelle farmacie i pazienti si trovano a dovere sostenere la differenza, di tasca propria, tra il prezzo di vendita
e quello di rimborso. Le aziende spiegano tale loro non adeguamento ai prezzi di rimborso, sostenendo che la situazione italiana è diversa da quella europea. Nel nostro Paese, infatti, la quota percentuale dei farmaci generici venduti è del 10%, contro una media europea del 50%, che comporterebbe da noi l'impossibilità ad abbassare i prezzi ai livelli europei, dato il basso volume di vendita, che presuppone più alti margini unitari di profitto sulla singola confezione del farmaco.

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