La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7744 del 5 aprile 2011, ha stabilito che la mancata indicazione nella comunicazione di avvio della procedura di mobilità e di licenziamento collettivo di tutti gli elementi previsti dall'art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991 - e così della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente e di quello abitualmente impiegato nell'impresa - invalida la procedura e determina l'inefficacia dei licenziamenti; tale vizio non è sanato ex se dalla successiva stipulazione di accordo sindacale di riduzione del personale e dalla indicazione in esso di un criterio di scelta dei dipendenti da licenziare. Così la Suprema Corte ha ribadito che le eventuali insufficienze della comunicazione di avvio della procedura di mobilità non perdono rilievo per il solo fatto che sia stato poi stipulato un accordo di mobilità, giacché gli adempimenti imposti dal citato articolo 4 sono intesi a garantire la trasparenza delle scelte aziendali e l'effettività del ruolo svolto dal sindacato
attraverso una corretta e completa informazione preventiva. Inoltre precisa la Corte che deve ritenersi spettante al lavoratore, che pur rimane estraneo allo svolgimento delle procedure di consultazione sindacale e amministrativa, il diritto di far valere omissioni o inesattezze delle comunicazioni del datore di lavoro (ex art. 4, comma 3, L. n. 223 del 1991) che abbiano determinato una falsa o incompleta rappresentazione della realtà, tale da compromettere il corretto svolgimento dell'esame congiunto con il sindacato, e quindi da incidere sulla correttezza dei provvedimenti finali adottati.

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