Rito del lavoro: prima udienza

La prima udienza, cd. udienza di discussione, rappresenta, nel rito del lavoro, il punto centrale di tutto il procedimento giudiziario

Prima udienza di lavoro: a cosa serve

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La prima udienza del processo del lavoro ha lo scopo principale di creare il primo contatto tra il giudice e le parti.

Il legislatore mira a condensare in questa udienza la maggior parte delle attività processuali cercando di far sì che essa, tendenzialmente, sia non solo la prima ma anche l'unica udienza del processo. La disciplina del suo svolgimento è contenuta all'art. 420 c.p.c.

Rito del lavoro: come si svolge la prima udienza

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Nell'udienza di discussione si svolgono, in immediata successione, le verifiche proprie della prima udienza di cognizione, l'interrogatorio delle parti, il tentativo di conciliazione (non più obbligatorio), l'assunzione delle prove, la discussione e la pronuncia della sentenza.

Verifica della presenza e della costituzione delle parti

Innanzitutto il giudice verifica la presenza delle parti in udienza e la loro regolare costituzione.

Queste devono stare in giudizio attraverso l'assistenza di un legale, ma, in forza di quanto stabilito dall'articolo 417 c.p.c., se il valore della causa non eccede i 129,11 euro, possono stare in giudizio anche personalmente.

Se le parti decidono di farsi rappresentare, il legale deve essere munito di procura che preveda anche il potere di transigere e conciliare la controversia. Inoltre questi deve essere a conoscenza dei fatti della causa. In mancanza, se non sussistono gravi ragioni, il giudice valuta l'ignoranza del difensore ai fini della decisione (art. 420, comma 2, c.p.c.). 

Se viene rilevata l'assenza di una parte si applica l'art. 181 c.p.c. con fissazione di altra udienza, che viene comunicata alle parti dalla cancelleria.

Interrogatorio delle parti

Nell'udienza di discussione, verificata la regolare costituzione delle parti e la loro presenza, il giudice procede all'interrogatorio delle parti medesime. Esso non ha i caratteri propri dell'interrogatorio formale previsto dagli artt. 228 e ss. del codice, non dà luogo alla confessione giudiziale, né si identifica con l'interrogatorio libero ex art. 117, comma 1, c.p.c. In realtà tale strumento viene utilizzato dal giudice per ricavare informazioni che sono poi valutate liberamente e che costituiscono un'ottima integrazione alle prove acquisite. 

Dalle risposte rese in sede di interrogatorio delle parti, il giudice può anche desumere quell'accertamento che gli consente di emettere le pronunce provvisorie previste dall'art. 423 c.p.c. Inoltre esso getta le basi per procedere alla fase successiva inerente la conciliazione.

Tentativo di conciliazione

Il giudice, durante l'udienza di discussione, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva. L'eventuale rifiuto della proposta, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione.

Se le parti accettano la proposta transattiva allora il giudice redige il verbale di conciliazione che ha efficacia di titolo esecutivo (art. 420, comma 3, c.p.c.). Qualora la conciliazione non vada a buon fine, le successive tappe del processo si svolgono immediatamente.

Ammissione dei mezzi di prova

Sempre in questa udienza il giudice ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti.

Se ritiene che siano rilevanti, dispone, con ordinanza resa in udienza, l'immediata assunzione di quei mezzi di prova che le parti non abbiano potuto proporre prima.

Qualora vengano ammessi nuovi mezzi di prova, la controparte può dedurre, entro 5 giorni, i mezzi di prova che si rendano necessari rispetto a quelli addotti dal ricorrente.

Il legislatore dispone che l'assunzione delle prove sia esaurita nella stessa udienza o, se necessario, in udienze da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi (art. 420, commi 5, 6, 7 e 8, c.p.c.).

Discussione e sentenza

Nell'udienza di discussione, qualora il giudice ritenga matura la decisione oppure se sorgono questioni inerenti la competenza, la giurisdizione o altri pregiudiziali la cui decisione è fondamentale per la definizione del giudizio, allora invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo (art. 420, comma 4, c.p.c.).

Modifica di domande, eccezioni e conclusioni

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Si segnala che, durante l'udienza di discussione, le parti, se ricorrono gravi motivi, possono essere autorizzate dal giudice a modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. Si tratta di un evidente caso di "emendatio libelli" (art. 420, comma1, c.p.c.).

Chiamata del terzo

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Nel rito del lavoro è ammessa anche l'eventuale chiamata di un terzo, che può essere richiesta dalla parte ai sensi dell'art. 106 c.p.c. oppure per ordine del giudice ai sensi dell'art. 107, nonché in caso di integrazione necessaria del contraddittorio ex art. 102, comma 2, c.p.c. secondo le regole fissate dall'art. 419 c.p.c.

In proposito, per quanto interessa la prima udienza, si precisa che l'articolo 420 c.p.c. stabilisce che nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, deve essere fissata una nuova udienza, da tenersi entro il termine massimo ordinariamente stabilito ma decorrente dalla pronuncia del provvedimento di fissazione (che va notificato, unitamente al ricorso introduttivo e all'atto di costituzione del convenuto entro cinque giorni dalla sua emanazione).

Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata.

Si precisa che, oltre all'intervento coatto, è anche ammesso l'intervento volontario, che non può avere luogo oltre il termine stabilito dalla legge per la costituzione del convenuto.

Data: 14 aprile 2021