Il modulo di autocertificazione rilasciato dal Ministero dell'Interno è contrario a norme di legge (anche in materia di Privacy) e può mettere a rischio chi lo firma

Da quando il nostro Paese si è trovato improvvisamente a vivere l'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19, molto si è scritto in merito all'argomento qui trattato. Si tenterà adesso di riordinare sinteticamente la tematica, introducendo ulteriori spunti di riflessione che potranno aiutare a chiarire come: a) non vi sia un obbligo legale di autocertificazione; b) in alcuni casi il Soggetto Dichiarante, rilasciando e firmando l'Autocertificazione, incorre in gravi rischi di natura penale con la conseguenza di essere punibile con la reclusione da uno a sei anni; c) L'emanazione da parte del Ministero dell'Interno dell'Autocertificazione -come formulata nel testo corrente- potrebbe integrare gli estremi di cui all'art. 414 cp; d) l'autocertificazione viola l'art. 49 D.P.R. 445/2000; e) l'autocertificazione viola le norme in tema di Privacy laddove non sia preceduta da apposita informativa rilasciata dai Pubblici Ufficiali. Con la conseguenza che il soggetto dichiarante potrà non solo proporre reclamo e ricorso giurisdizionale, ma - in caso di danni - potrà agire per il relativo risarcimento.

L'autocertificazione non è obbligatoria

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Ripercorrendo l'excursus delle disposizioni normative e regolamentari che dall'inizio della emergenza ad oggi si sono freneticamente susseguite, si ricava un elenco di 19 provvedimenti in nessuno dei quali l'Autocertificazione e' prevista come obbligatoria.

Se dunque l'Autocertificazione non è prevista come obbligatoria, è chiaro che questa viene rilasciata su base volontaria da parte del Soggetto Dichiarante.

Vale a dire che se il Soggetto Dichiarante ritiene di volersi autocertificare lo fa, se diversamente il Soggetto Dichiarante ritiene di non doversi e/o volersi autocertificare, non ha nessun obbligo in tal senso.

Posto che dunque la Autocertificazione va rilasciata su base volontaria, si vedano però i rischi nei quali il Soggetto Dichiarante incorre firmando la Autocertificazione.

 

I rischi dell'autocertificazione

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Tralasciando i modelli precedenti di autocertificazione, si concentra l'esame su quello in vigore che testualmente chiede (tra le altre cose) di DICHIARARE SOTTO LA PROPRIA RESPONSABILITA' quanto segue: di non essere sottoposto alla misura della quarantena ovvero di non essere risultato positivo al COVID-19.

Questa affermazione, che al Soggetto Dichiarante viene chiesto di rilasciare, è quella che comporta i maggiori rischi laddove il Soggetto Dichiarante deve confermare sotto la propria responsabilità "di non essere sottoposto alla misura della quarantena ovvero di non essere risultato positivo al COVID-19" (e non di "non essersi potuto sottoporre alla verifica sulla positività relativa al COVID-19" come più giusto sarebbe stato prevedere nel modulo)

In poche parole si invita il Soggetto Dichiarante a confermare una circostanza relativa al proprio stato di salute di cui - nella stragrande maggioranza dei casi e non per sua colpa - non è in grado di avere nessuna piena conoscenza. Infatti la affermazione richiesta dal modulo "di non essere risultato positivo al COVID-19" presuppone una azione di accertamento della positività al virus che in realtà il Soggetto Dichiarante nella stragrande maggioranza dei casi non ha compiuto e non può compiere e non per sua colpa.

 

Lo Stato quindi, tramite il Ministero dell'Interno che ha elaborato e messo in circolazione l'Autocertificazione nel testo corrente, invita così il Soggetto Dichiarante (anzi lo si induce) a commettere un reato derivante dalla violazione dell'art. 495 1° comma cp e dalla violazione dell'art. 76 D.P.R. 245/2000

Si veda più nello specifico.

Violazione dell'art. 495 1° comma c.p. e dell'art. 76 dpr 445/2000

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L'Art. 495 cp comma 1 prevede "Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni".

E' noto che la popolazione non è stata (e tutt'ora non è) sottoposta ad uno screening sanitario completo di accertamento del contagio in quanto l'analisi medica diretta ad accertare il contagio di un soggetto, o la presenza di anticorpi già presenti nell'organismo, fino ad ora è stata eseguita molto parzialmente. Pertanto, fatte pochissime eccezioni localizzate, la maggior parte della Popolazione italiana non è stata sottoposta a verifica delle proprie condizioni di salute ed anzi parte della Popolazione (soprattutto in considerazione della sintomaticità che spesso il virus COVID-19 comporta) potrebbe essere affetta dalla malattia e non saperlo.

Sebbene questo dato sia a tutti noto e non contestato, a chi circola e viene sottoposto al controllo, si chiede di dichiarare sotto la propria responsabilità ad un Pubblico Ufficiale di non essere risultati positivi al COVID-19, rilasciando quindi una dichiarazione spontanea che - in assenza di alcuna verifica di natura sanitaria - rischia di indurre il dichiarante a violare l'art. 495 cp comma 1 che prevede come sanzione la reclusione "da uno a sei anni".

A questo si aggiunga come proprio in tema di Autocertificazioni l'art. Art. 76 del D.P.R. 445/2000 recita "Norme penali 1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico e punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. 2. L'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. 3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell'articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale."

Cioè per effetto dell'art. 76 DPR 445/2000 citato, il rilasciare dichiarazioni non veritiere tramite Autocertificazione comporta le conseguenze penali di cui all'art. 495 comma 1 cp (reclusione "da uno a sei anni").

Chiaro è dunque che chiamando il Soggetto Dichiarante a confermare sotto la propria responsabilità una circostanza di cui non può essere a conoscenza (non, come detto per sua colpa, ma per una inefficienza o forse -e peggio- per una scelta del sistema statale che non ha predisposto il controllo sanitario a tappeto sul territorio) lo Stato spinge alla commissione del reato di Falsa attestazione o dichiarazione a un Pubblico Ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri punito dall'art. 495 1° comma cpc e dall'art. 76 del D.P.R. 445/2000.

Si potrebbe però sostenere che non essendoci nelle norme contingenti all'emergenza l'obbligo di Autocertificazione - obbligo che lo Stato (a parere di chi scrive) per ovvi motivi si è guardato bene dal prevedere- questa induzione alla commissione di un reato non sussisterebbe. In realtà la emanazione da parte del Ministero dell'Interno del Modello di Autocertificazione corrente (che contiene l'invito a farsi carico di una falsa dichiarazione in ordine ai risultati di un test valutativo che non si è in concreto in grado di effettuare e che rivela lo stato di salute personale) rappresenta comunque un passo falso degli Organi Statali che ne denotano la totale inadeguatezza e scarsa conoscenza delle norme e che potrebbe in extremis integrare la fattispecie di cui all'art. 414 cp. fattispecie che sanziona l'istigazione a delinquere. Tutto andrebbe poi valutato in sede giudiziale in relazione alla presenza di dolo, o meno, ma non è sbagliato a parere di chi scrive affermare come l'invito fatto alla Popolazione diretto a dichiarare il falso, induca comunque il Soggetto Dichiarante a commettere un reato (non si dimentichi che la Autocertificazione viene rilasciata su base volontaria, non essendoci obblighi di legge in merito come prima rilevato) e -quindi- tale invito rischia di integrare a sua volta (anche solo in astratto) la fattispecie di cui all'art. 414 cp da parte del Ministero dell'Interno. Con conseguenze e valutazioni ulteriori che in questa sede si tralasciano per motivi di economia di trattazione del tema principale.

Violazione dell'art. 49 dpr 445/2000 e inefficacia dei dati sanitari rivelati

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L'Art. 49 (R) D.P.R. 445/2000 "Limiti di utilizzo delle misure di semplificazione 1. I certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformita' CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore (…)".

Per effetto di tale norma, quindi, la Autocertificazione non può sostituire la certificazione medica e sanitaria che è l'unica via attraverso (per effetto dell'art. 49 D.P.R. 445/2000) può certificarsi un dato sanitario rappresentato in questo caso dalla positività o meno al virus Covid-19

In questo senso la volontà del legislatore è stata quella di tutelare gli interessi individuali e collettivi connessi con le certezze giuridiche di cui sono portatori tali certificati, interessi questi che sono tali da non consentire una semplificazione basata sulla loro sostituzione con altri strumenti di certezza né, tantomeno, sulla loro eliminazione dall'ordinamento.

Considerato che il divieto della norma non lascia spazio a soluzioni diverse, la conseguenza delle dichiarazioni in tema di salute personale rilasciate in sostituzione ad una adeguata e legittima certificazione medica, è che le stesse non potranno che essere considerate inefficaci per violazione dell'art. 49 D.P.R. 445/2000.

In realtà una prescrizione conforme al dettato della Legge avrebbe voluto che lo Stato invitasse tutti ad esibire (in caso di controllo) la Certificazione medica che attestasse la non positività al virus COVID-19 in quanto solo questa ha valore proprio per effetto del disposto dell'art. 49 D.P.R. 445/2000 (che è legge a tutti gli effetti in quanto trattasi di "Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa") .

Ma così non è stato e non è.

Autocertificazione e privacy: diritti del cittadino e obblighi pubblica autorità

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E sempre in tema di rivelazione di dati sanitari, vale la pena esaminare un altro aspetto: quello delle norme sulla privacy.

Poiché nel caso dell' Autocertificazione Emergenza COVID-19 i dati sanitari sono raccolti da una Istituzione Pubblica, in ambito di tutela della Privacy si applica la Direttiva (UE) 2016/680 (pubblicata nella G.U.U.E. 4 maggio 2016, n. L 119 entrata in vigore il 5 Maggio 2016 e recepita in Italia con decreto Legislativo n° 51 del 18 Maggio 2018) .Partendo dal principio sancito all'art. 10 per il quale il trattamento dei dati (tra gli altri) relativi alla salute è consentito solo se strettamente necessario e se a) autorizzato dal diritto dell'Unione o dello Stato membro; b) per salvaguardare un interesse vitale dell'interessato o di un'altra persona fisica; o se il suddetto trattamento riguarda dati resi manifestamente pubblici dall'interessato, tale Direttiva all'art. 13 prevede per coloro che trattano i dati un obbligo specifico di fornire all'interessato (cioè al soggetto che tali dati personali sta comunicando) una informativa specifica.

Di conseguenza il Pubblico Ufficiale che voglia raccogliere direttamente dal titolare dati relativi allo stato di salute, è tenuto -in forza della Direttiva (UE) 2016/680 a fornire la informativa di cui all'art. 13 della medesima Direttiva.

Ove la raccolta dei dati avvenga in violazione della citata direttiva, l'interessato (e quindi il Soggetto Dichiarante che abbia tramite l'Autocertificazione comunicato i propri dati sanitari) avrà il diritto di proporre reclamo e ricorso giurisdizionale nei confronti della Autorità di Controllo, nonché ricorso giurisdizionale nei confronti del Titolare o del responsabile del trattamento dei dati (Artt. 52-53-54 della Direttiva) con la conseguenza che avrà anche diritto al risarcimento dei danni ex art. 56 della Direttiva.

In sintesi

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Riassumendo quindi occorre tenere a mente che:

- l'autocertificazione non è obbligatoria;

- l'autocertificazione (limitatamente al proprio stato di salute) non va rilasciata se non si è perfettamente certi di non essere risultati positivi al COVID-19 (ed ovviamente di non essere in quarantena);

- l'autocertificazione viola le norme sulla Privacy ed il Soggetto Dichiarante potrà azionare reclamo e ricorso giurisdizionale, oltre che eventuale richiesta di risarcimento del danno.

A questo punto si può concludere richiamando tutti a prestare la massima cautela nel rilasciare l'Autocertificazione vigente durante il periodo di emergenza COVID-19. Non senza pensare che lo Stato ha dimostrato di non sapersi muovere in maniera coordinata nell'ambito delle sue stesse norme e che, terminata la contingente emergenza, non pochi saranno gli scenari giuridici che si apriranno all'esito della stessa.

 

Avv. Claudia Blandamura

Avvocato del Foro di Milano

Nota della redazione:

Carissimi, con riferimento ai diversi commenti apparsi nella pagina Facebook e in altri nostri social, in relazione a questo articolo vorrei evidenziare che la Collega che ha inviato l'articolo alla redazione per la pubblicazione su Studio Cataldi, ha sollevato un problema di natura interpretativa ed ha ritenuto, a suo avviso, poco chiara l'indicazione contenuta nel modello predisposto dal Ministero degli Interni laddove si chiede di attestare, sotto la propria responsabilità, "... di non essere risultato positivo al COVID-19". Nella sostanza, la Collega ritiene che sarebbe stato più corretto (per non indurre in errore i cittadini) prevedere nella dichiarazione la possibilità di indicare il fatto "di non essersi potuto sottoporre alla verifica sulla positività relativa al COVID-19". Si tratta di una opinione interpretativa sulla quale si è liberi ovviamente di dissentire. Personalmente avrei evitato il richiamo all'art. 414 c.p. che appare frutto di una forzatura. In merito ai dubbi sulla possibile violazione della Privacy mi sentirei di poter affermare che è necessaria una contestualizzazione per cui può risultare (il condizionale è d'obbligo) giustificata una compressione dei diritti del cittadino in un momento emergenziale come quello che stiamo attraversando.

Vorrei anche evidenziare, in relazione all'art. 495 cp che la stessa procura di Genova il 19 marzo 2020 ha diramato una circolare chiarificatrice (e anch'essa interpretativa) in cui afferma che le forze dell'ordine non devono contestare l'articolo 495 c.p. se non per attestazioni false aventi ad oggetto solo l'identità, lo stato, o altre qualità della persona.

Vorrei anche da ultimo chiarire che la redazione è solita non censurare la libera espressione di un pensiero sul quale anzi incentiva l'apertura di ampio dibattito.

Il Vicedirettore Avv. Paolo Storani


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