Non vi è danno se il personale sanitario, dopo aver rifiutato di erogare una prestazione a un paziente, fissa un nuovo appuntamento a stretto giro

di Valeria Zeppilli - Il malato che dovrebbe sottoporsi a una prestazione sanitaria, che però viene rinviata di qualche giorno, non ha diritto al risarcimento del danno solo per tale ritardo.

Lo si evince dall'ordinanza numero 24514/2019 della Corte di cassazione, sotto allegata, che si è occupata della richiesta di risarcimento del danno avanzata da un uomo che, recatosi in ospedale per sottoporsi a un ciclo di chemioterapia mediante catetere vescicale, era stato informato che la prestazione non poteva essere eseguita, perché mancava personale infermieristico di sesso maschile.

L'intervento delle forze dell'ordine

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A fronte del rifiuto di essere sottoposto al trattamento, il paziente aveva deciso di coinvolgere la polizia municipale, che lo aveva accompagnato presso la struttura sanitaria e lo aveva "aiutato" a ottenere un nuovo appuntamento.

Niente danno

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Per i giudici del merito, la cui posizione è stata condivisa dalla Corte di cassazione, nel caso di specie mancavano tutti i presupposti necessari perché il paziente ottenesse un risarcimento del danno.

In particolare per il tribunale, interessato della questione in secondo grado, nella condotta tenuta dal personale sanitario non potevano essere ravvisati gli estremi della colpa civile.

I sanitari, infatti, dopo che il paziente era tornato in ospedale con la polizia, lo avevano invitato a sottoporsi immediatamente alla chemioterapia, ma l'uomo si era rifiutato. Gli venne quindi dato un nuovo appuntamento a distanza di soli due giorni.

Inoltre, il personale si era attivato immediatamente per reperire un sostituto dell'infermiere mancante.

La prova dell'assenza di colpa non serve

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Di fronte alla Corte di cassazione, tra le altre cose, il paziente aveva lamentato che nel corso del giudizio non era stata data, da parte della ASL, la prova dell'assenza di colpa.

Per i giudici, però, considerate come valide le conclusioni raggiunte nelle fasi di merito, tale prova sarebbe risultata inutile. Utilizzando le parole della Corte, "non essendoci un danno risarcibile, è superfluo discorrere sull'esistenza o inesistenza di una condotta colposa del personale sanitario".

Scarica pdf ordinanza Cassazione numero 24514/2019
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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