La Cassazione ha affermato che la messa a disposizione della documentazione da parte dell'ex amministratore non è sufficiente ad ottemperare all'obbligo ex art. 1129, comma 8, c.c.

Avv. Giovanni De Lorenzo - Nella vicenda in commento la Corte di Cassazione, Sez. VI Civile (sentenza n. 6760/2019), è stata investita della questione attinente l'obbligo per l'amministratore di condominio sostituito dall'assemblea di restituire la documentazione inerente la gestione condominiale nelle mani del nuovo amministratore.

I giudici di legittimità, però, alla luce delle opposte deduzioni ed eccezioni, hanno affrontato anche altre questioni giuridiche, ribadendo i principi enucleati dalla stessa Suprema Corte.

La vicenda

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Il condominio aveva proposto azione giudiziaria nei confronti del precedente amministratore per vederlo condannare al pagamento di una somma a titolo di rimborso di importi incassati nel corso della gestione condominiale e mai spesi, nonché per la consegna di tutta la documentazione relativa alla pregressa gestione condominiale.

Il Tribunale di Napoli rigettava le domande. La Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente l'appello del condominio e condannava il vecchio amministratore al pagamento di parte della somma richiesta. L'amministratore proponeva, quindi, ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.

La validità della procura speciale

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Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dovuto dapprima affrontare l'eccezione proposta nel controricorso dal Condominio per violazione degli artt. 365 e 83 c.p.c. e riguardante la validità della procura speciale allegata al ricorso di controparte, che sarebbe risultata priva di riferimenti specifici all'impugnazione, di data e del timbro di congiunzione con il testo del ricorso.

La Corte ha rigettato l'eccezione, richiamando precedenti giurisprudenziali ed affermando che "il requisito della specialità della procura

, posta a margine del ricorso, richiesto per il giudizio di cassazione dall'art. 365 c.p.c., risulta ottemperato con la semplice indicazione, nel mandato di rappresentanza e difesa, della dicitura "nel presente procedimento avanti la Corte di Cassazione" (Cass. n. 13688 del 2001). Inoltre, l'apposizione della procura in calce o a margine di specifici atti del processo fonda la presunzione che il mandato abbia effettiva attinenza al grado o alla fase del giudizio cui l'atto che lo contiene inerisce e, qualora questo sia privo di data, deve intendersi estesa a quella del ricorso (Cass. n. 15538 del 2015), ben potendo essere rilasciato contemporaneamente alla sottoscrizione del ricorso. Del resto, la giurisprudenza ha altresì precisato che qualora la procura sia apposta al seguito dell'atto del ricorso, essa costituisce un corpus inscindibile con quest'ultimo, escludendosi, perciò, ogni dubbio sulla volontà della parte di proporre quello specifico mezzo di gravame. Pertanto, la specialità è garantita indipendentemente dal tenore delle espressioni usate nella redazione dell'atto medesimo (Cass. 4935 del 2005)".

La ripartizione dell'onere della prova

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La Corte, poi, nel rigettare il primo motivo di ricorso con il quale il ricorrente aveva denunciato la violazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., ha ribadito i casi di configurazione della violazione dell'art. 2697 c.c. da parte del giudice di merito.

Pertanto, nella pronuncia in commento è stato rimarcato il principio "fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa corte di legittimità, ai sensi del quale la violazione dell'art.2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basata sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione dell'art.115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma (…) mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art.116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove" (cfr. Cass. Sez. Un. n.16598 del 2016, in motivazione)".

Per tale motivo la Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso, ritenendo che il ricorrente si sia limitato a denunciare soltanto una presunta erronea valutazione delle prove, come tale non prospettabile in sede di legittimità.

Dovere vecchio amministratore di consegnare documentazione al nuovo

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Nella vicenda oggetto di esame il precedente amministratore del condominio, in via stragiudiziale, aveva messo a disposizione del nuovo amministratore la documentazione riguardante la gestione condominiale, senza consegnarla materialmente. Solo in seguito ad un preciso ordine del giudice di primo grado, la documentazione era stata consegnata al nuovo amministratore.

Orbene, su tale aspetto la Corte di Cassazione ha affermato che "la semplice messa a disposizione della stessa (la documentazione contabile, ndr) non equivale ad una materiale consegna, cui peraltro l'amministratore è obbligato a norma dell'art.1129, comma 8, c.c., come modificato dalla L. n. 220 del 2012, secondo cui "alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi".

La Corte ha, quindi, specificato che tale obbligo, già riconosciuto dalla giurisprudenza prima della riforma del 2012, può essere fonte di danni per il condominio in caso di suo inadempimento e può essere oggetto di provvedimento d'urgenza ex art.700 c.p.c.

La semplice messa a disposizione della documentazione, invece, atterrebbe più precisamente all'obbligo di rendiconto previsto dall'art.1130 bis, comma 1, c.c.

Per questi motivi la Corte di Cassazione, nell'ordinanza in oggetto, ha rigettato anche il secondo motivo di ricorso, confermando la sentenza della Corte di appello di Napoli impugnata.


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