Per la Cassazione va valutato se nell'uso residenziale abitativo previsto dal contratto rientrano gli usi promiscui anche alla luce delle altre attività vietate (attività commerciali e immissioni)

di Lucia Izzo - La professionista che ha adibito una stanza della sua casa a studio medico in Condominio non ha necessariamente violato il regolamento condominiale che consente soltanto l'uso residenziale abitativo.


Infatti, il giudice è tenuto a interpretare il contratto secondo i principi elaborati dalla legge e dalla giurisprudenza: dovrà dunque valutare se nell'uso residenziale abitativo siano ricompresi usi promiscui, compatibili con la funzione dell'abitare, e se l'attività debba ritenersi vietata anche alla luce degli altri divieti espressamente elencati nel regolamento (es. le attività commerciali e le immissioni di fumo, gas e rumori)


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 18082/2019 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di una professionista sanitaria che aveva adibito a studio medico una stanza dell'appartamento abitato da lei e dalla sua famiglia.


Il caso

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Altri Condomini avevano dunque chiamato in giudizio la professionista ritenendo che lo studio in casa violasse la clausola del Regolamento di Condominio che consente "soltanto l'uso residenziale abitativo" vietando, quindi, "a titolo esemplificativo ... le attività commerciali, le esalazioni nocive, le immissioni di fumi, gas, scarichi rumori ...".


L'istanza, respinta in primo grado, veniva accolta dalla Corte d'Appello che riteneva effettivamente violato il regolamento: per i giudici non rilevava la circostanza che la destinazione diversa da quella abitativa fosse stata solo parziale, attesa la natura assoluta del divieto posto dal regolamento e il carattere meramente esemplificativo delle attività vietate.

Condominio: possibile lo studio medico in casa?

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Di diverso tenore, invece, la decisione della Corte di Cassazione secondo cui il ricorso della dottoressa è fondato. Secondo gli Ermellini, nel governare l'utilizzo dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. e nell'applicare l'art. 1138 c.c., la Corte d'Appello è effettivamente caduta in errore.


Il giudice a quo, da un lato, ha infatti accertato fattualmente la destinazione limitata di una stanza a studio medico e, d'altro lato, ha escluso in via complementare che si trattasse di un vero e proprio ambulatorio.


Su tali basi, la corte locale ha in pratica limitato la propria opera interpretativa della nozione di "uso residenziale abitativo" alla reiezione non esplicata della possibilità che in esso fossero ricompresi usi promiscui compatibili con la funzione dell'abitare.


Ha poi tratto dalla natura esemplificativa dell'elencazione delle attività espressamente vietate la conclusione della sostanziale irrilevanza dell'elencazione stessa. Questa, invece, alla luce dell'indicazione di attività seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative degli altri compartecipi ("attività commerciali,.., esalazioni nocive, ... immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori") secondo i giudici avrebbe potuto eventualmente guidare l'interprete verso approdi diversi.

L'interpretazione del regolamento condominiale

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Così operando la sentenza impugnata si è posta contro i principi giurisprudenziali elaborati dalla Cassazione circa l'ambito applicativo del regolamento condominiale ex art. 1138 c.c.. e di uso dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. c.c. in materia di clausole di regolamento di divieto di destinazione delle unità immobiliare a determinati usi.

Si richiamano all'uopo la sentenza n. 19229/2014 circa i criteri ermeneutici generali in materia, la sentenza n. 21307/2016, circa il doversi rifuggire da interpretazioni estensive, e la sentenza n. 9564/1997 circa l'esigenza di incontrovertibilità delle disposizioni di divieto.

La Cassazione, accogliendo il ricorso, prescrive che il giudice del rinvio, in sede di riesame, debba ampliare la propria opera interpretativa della nozione di "uso residenziale abitativo", valutando in particolare se in esso siano ricompresi usi promiscui (quale quello definitivamente accertato) compatibili con la funzione dell'abitare e se, stante l'elencazione delle attività espressamente vietate, seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative degli altri compartecipi sia da ritenersi proscritta quella in esame.

Scarica pdf Cass., VI civ., ord. n. 18082/2019

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