La Cassazione ribadisce l'attualità della distinzione tra colpa da negligenza e da imperizia, ma i giudici devono tenere presente la più favorevole disciplina del decreto Balduzzi

di Lucia Izzo - La distinzione tra colpa da negligenza e da imperizia, pur se si presenta difficile, non può omettersi in quanto è stata richiesta dal legislatore del 2017 (con la L. n. 24 c.d. Gelli-Bianco).


Nell'operare una valutazione, tuttavia, i giudici devono verificare se l'accertata condotta colposa del sanitario possa rientrare nell'ambito di operatività della più favorevole disciplina introdotta dal cosiddetto decreto Balduzzi, proprio in riferimento ai casi di colpa lieve per negligenza o imprudenza, secondo le indicazioni offerte dalle Sezioni Unite.


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Lo ha Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sent. 19387/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo condannato per lesioni colpose.


Il caso

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L'imputato, medico ginecologo presso l'ospedale, aveva ferito un nascituro nel corso del parto. Secondo la Corte d'Appello i rischi presentati dal quadro clinico della partoriente, che avevano indotto all'effettuazione d'urgenza del taglio cesareo, erano noti all'operatore prima dell'intenerimento e che dette evenienze avrebbero imposto una particolare prudenza e cautela da parte del chirurgo nell'utilizzo del bisturi.


In conformità alle indicazioni del consulente tecnico, i giudici ritenevano sussistente una colpa per imprudenza che non consentiva di applicare l'art. 590-sexies del codice penale. Secondo l'imputato, invece, sarebbe stata un'ipotesi di colpa lieve per imperizia, che consiste in una mancanza di abilità professionale che si verifica in un contesto di osservanza della leges artis, avendo preferito il cesareo in quanto meno invasivo.


La Corte di Cassazione si vede costretta ad annullare la sentenza impugnata senza rinvio in quanto il reato ascritto al medico risulta estinto per prescrizione. Tuttavia, nel provvedimento gli Ermellini non mancano di soffermarsi sul tema della natura della colpa generica ascritta al prevenuto.

Culpa levis e culpa lata: dal decreto Balduzzi alla Legge Gelli-Bianco

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Come noto, spiega il Collegio, la distinzione tra culpa levis e culpa lata ha acquisito una nuova considerazione alla luce della disposizione in tema di responsabilità sanitaria che era contenuta nell'ormai abrogato art. 3, comma 1, del D.L. 158/2012 (decreto Balduzzi) convertito nella legge 189/2012.


La norma, tra l'altro, riteneva non rispondesse penalmente per colpa lieve l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunitaria scientifica.


Il tema della responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose, è stato poi oggetto di un ulteriore intervento normativo (L. n. 24/2017) con il quale il legislatore ha posto mano nuovamente alla materia della responsabilità sanitaria, anche in ambito penale con l'introduzione, tra l'altro, dell'art. 590-sexies c.p., norma che si applica solo quando sia stata elevata o possa essere elevata imputazione di colpa per imperizia.


Dunque, secondo diritto vivente la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell'ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l'area di irresponsabilità penale del professionista sanitario.


Le Sezioni Unite (cfr. sent. 8770/2018) hanno poi chiarito che l'art. 3 del D.L. 158, oggi abrogato, risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario commessi prima della entrata in vigore della novella del 2017 connotati da negligenza o imprudenza con configurazione di colpa lieve che, per il citato decreto Balduzzi, erano esenti da responsabilità in caso di rispetto delle linee guida o delle buone pratiche accreditate

Colpa da imprudenza e colpa da imperizia

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Nel caso di specie, a carico del medico sono stati accertati profili di colpa lieve per imprudenza che avrebbe imposto la verifica circa l'operatività della disciplina più favorevole ex lege n. 189/2012.


Gli Ermellini non mancano di soffermarsi sulla circostanza, affermata dalla corte regolatrice, che la scienza penalistica non offre indicazioni in ordine tassativo nel distinguere le diverse ipotesi di colpa generica contenute nell'art. 43, comma 3, c.p. e che le stesse sezioni Unite, con la sentenza Mariotti, hanno ribadito l'estrema difficoltà che talvolta si presenta nel riuscire a operare una plausibile distinzione tra colpa da negligenza e colpa da imperizia.


Tuttavia, tale distinzione non può omettersi poiché richiesta dal legislatore del 2017 che, consapevolmente, ha regolato solo il secondo caso pur in presenza di un procedente articolato dibattito giurisprudenziale sulla opportunità di non operare la detta differenziazione in quanto non espressamente richiesta dalla lettera della legge come avveniva per il decreto Balduzzi per la estrema fluidità dei confini tra le dette nozioni.


Tanto precisato, spiega la Cassazione, nel caso di specie i giudici di seconde cure hanno del tutto omesso di verificare se l'accertata condotta colposa del sanitario potesse rientrare nell'ambito di operatività della più favorevole disciplina introdotta dal cosiddetto decreto Balduzzi, proprio in riferimento ai casi di colpa lieve per negligenza o imprudenza, secondo le indicazioni offerte dalle Sezioni Unite.


Si tratta di lacuna argomentativa che afferisce al tema dedotto dal ricorrente e che giustifica l'annullamento della sentenza impugnata, agli effetti civili.

Scarica pdf Cass., IV pen., sent. 19387/2019

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